giovedì 24 dicembre 2009

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Certe città (2 di 3): Città che inseguono

1fc3d04b20f1bb9ddfd11bc82bde5318E poi ci sono le città che inseguono, non si capisce bene cosa.
Rincorrono un'anima che non le appartiene, e chiamano movida quegli schiamazzi notturni provenienti dalle poche vie vivaci della parte antica, grandi eventi le manifestazioni in cui almeno un ospite internazionale ha accettato l'invito, mercato multi-etnico quei quattro capannoni di venditori ambulanti che da anni vendono sempre le stesse chincaglierie.

Prendono il traffico impazzito, l'aria irrespirabile e gli incessanti abusi edilizi come un segno, l'inevitabile prezzo da pagare di una città che cresce ispirandosi alle metropoli e si illudono che, se hanno gli stessi problemi, vuol dire che un po' le assomigliano.

 Ricordano gli adolescenti ansiosi di diventare adulti, e come gli adolescenti sono facilmente irritabili, curiose, vivaci e sognatrici, in perenne attesa della prova di maturità.

Si preparano come un party pronte ad accogliere tutti, ma poi ad accettare l'invito sono soprattutto gli abitanti dei paesi vicini, che la riempiono di locali, sagre, festicciole di quartiere, costumi, dialetti e sapori della tradizioni limitrofe.

L' eterna maledizione di essere il meglio e il peggio della regione, mentre inseguono un respiro internazionale.

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venerdì 18 dicembre 2009

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Certe città (1 di 3): Le città morte

1361492119_808c7103b7_oCi sono città morte dentro, dove non si riesce mai a capire se siano semplicemente in attesa degli eventi o di esalare l'ultimo respiro. Lo vedi dai negozi, dalla saracinesche arrugginite perennemente chiuse, dai manifesti datati dieci anni prima e rovinati dal tempo ma che nessuno si è mai degnato di rimuovere, dalle insegne a cui mancano le lettere e l'illuminazione, e anche quelli aperti hanno vetrine spartane e commercianti imbronciati, sembrano fermi a vent'anni fa.

Guardi la piazza centrale e tutto quello che succede sembra episodico: alcune donne, solitamente anziane rincasano con il carrello della spesa, qualche macchina passa, ci sono mamme che accompagnano i bambini piccoli e ragazzini di poco più grandi che giocano non lontano da casa. Qualche cane randagio si gode il sole. E poi ci sei tu.

Maledettamente fuori posto, qualunque cosa tu faccia, che ti prenda il caffè al bar o ti legga il giornale su una panchina. Che chieda informazioni o, peggio ancora, curiosi e ti fai i fatti tuoi senza chiedere niente a nessuno. Leggi negli sguardi della gente le domande “chi diavolo è questo? Cosa è venuto a fare qui?”, finché qualcuno non te lo chiede davvero. L'impressione che ne ricavi è che siano tutti impiccioni, ma forse per loro sei solo un tassello fuori dal puzzle che non sanno dove collocare.

Devono capire se fai parte della cornice, o del panorama sullo sfondo. E soprattutto vogliono essere rassicurati che tu, quella città in coma, non sia venuto a risvegliarla.

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venerdì 23 ottobre 2009

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Una parola, un racconto: FUGGIRE

ragazza in fuga Si sentì libero come non gli accadeva da mesi. Lontano dai debiti, da un lavoro impossibile, un capo dispotico, una città odiosa, vicini impiccioni e una moglie incinta con cui non faceva altro che litigare. Non ne poteva più. Non che avesse capito come fosse accaduto, ma tutta la sua buona volontà, tutti i suoi propositi si erano trasformati in un inferno.

Non sarebbe voluto scappare, ma non aveva avuto altra scelta: da qualche parte aveva lasciato andare i suoi sogni ed era sua ferma intenzione recuperarli. A questo pensava, mentre l'auto sfrecciava solitaria nella notte lungo l'autostrada. Si era portato con sé un bagaglio leggero: qualche vestito di ricambio, qualche cd, i documenti e poco altro. Sembrava quasi il bagaglio di un uomo in vacanza, e non quello di una persona in fuga da tutto.

Ma ci aveva pensato bene, prima di prendere quella decisione, ci aveva pensato per settimane e si era convinto che, in fondo, quel poco che c'era in casa poteva tenerselo lei. Del resto la lasciava in una condizione non facile, incinta, senza un lavoro e con sei mesi di affitto arretrato da pagare. A lui era bastato svuotare il bancomat.

“Con quella vita ho chiuso!” pensò mentre dietro di lui c' era un'auto in arrivo, la quale, lampeggiando coi fari, manifestava la chiara intenzione di sorpassarlo. Diede una rapida occhiata allo specchietto retrovisore. E fu allora che vide. Che vide che non serviva a niente. Vide che tanto il suo problema più grave continuava a portarselo dietro. Vide i suoi stessi occhi. Il problema non era il bambino in arrivo. O i sei mesi d'affitto o quell'imbecille del capo, né tutto il resto.

Il problema era lui, lui stesso, e da quello, beh, da quello non sarebbe mai potuto scappare. L'euforia scomparve all'improvviso, mentre era nei pressi di un autogrill. Decise di fermarsi. Era stanco, aveva già fatto 500 km e per cosa? Per bersi un merdosissimo caffè in compagnia di un barista assonnato e un camionista con una birra in mano intento ad allenarsi alla gara di rutto libero! E va bé, pazienza! Finché era durato il suo progetto si era sentito sereno, sereno come non gli capitava da tempo ma oramai tanto valeva tornare indietro. Se si sbrigava forse sarebbe arrivato in tempo per arrivare in orario al lavoro. Il ritorno fu meno piacevole ma senza problemi.

Fu quando rientrò che trovo la sorpresa: sua moglie se l'era squagliata portandosi via tutto. Gli aveva lasciato solo un biglietto: “Me ne vado, fuggo lontano da te, da questa vita e da tutto il resto. Non cercare di rintracciarmi, tanto non abbiamo niente in comune, neanche il bambino, non è neanche tuo”.

Non provò rancore, invidia piuttosto: nella stessa notte, entrambi in fuga dalla stessa persona, lei era l'unica tra i due che poteva farcela. A lui, invece, uno specchio avrebbe continuato a ricordagli che da sé stessi non si può fuggire.

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giovedì 22 ottobre 2009

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La fine di tutte le storie

L’hai sperata diversa
ma era una storia già vista
ed è finita anche questa
nei ricordi che hai
della tua vita.

Una foto sul tuo comodino,
i riflessi del sole
una volta illuminavano il cuore,
oggi la luce del giorno
scalda solo il giardino
non colma il vuoto
che senti intorno a te, la persona che amavi non c’è.


Forse era stupido pensare che sarebbe stato eterno,
però la tua vita si è trasformata in un inferno
il mondo sembra vuoto e quel che hai è sempre troppo poco.

Ti accorgi
che qualcosa di speciale
possa trasformarsi
e fare così male
e ti vengono in mente
anche tutte le altre,
storie ormai vecchie
finite nel vuoto
in un giorno ormai ignoto
finite nel buio
nel bagaglio
di ricordi che hai.


Perché accade non sai, restano solo alcune cose tra molte spine e poche rose in questo tuo deserto, un mucchio di ricordi
un mare di rimpianti e di sogni infranti.

E pure stavolta
resterà l’amaro in bocca
e ti chiedi perché
ciò in cui credi
non ha più importanza
quel che vive ancora
è la sua presenza,
i tempi in cui
stavate insieme

quando davvero
vi volevate bene,
quando la tua ricchezza
era nei suoi occhi che rincontri ogni volta in tutto ciò che vedi e tocchi.

E’ un valzer di sentimenti, passioni accese o amori spenti
di istanti rubati alla vita,
il ricordo di una storia finita.

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venerdì 4 settembre 2009

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In attesa nella notte

panorama notturno, Scanno

Mentre in tanti dormono e qualcuno sogna, mentre alcuni si affacciano alla finestra a guardare le stelle e c'è chi ancora spera di vederne una cadente, mentre auto sfrecciano alla ricerca di piaceri notturni e certe donne approfittano del buio per nascondere le proprie lacrime, mentre i cani abbaiano e molti gatti si nascondono, silenziosi, tra i cespugli in attesa della preda, mentre in pochi si amano e qualcun altro scopa, mentre chi ancora guarda la tv ed altri vi si sono già addormentati di fronte dimenticandosela accesa, mentre civette appollaiate sui rami davanti le finestre delle camere da letto fanno sentire la loro presenza ai malcapitati inquilini, mentre le mosche infastidiscono e le zanzare pungono, mentre il neonato piange, la madre sbuffa e il padre finge di non sentire, mentre chiudono i bar e malcapitati operai sono al lavoro in attesa dell'alba o quantomeno della pausa, mentre pattuglie annoiate vegliano sul nostro sonno e agguerriti graffitari colorano i muri, mentre tanti rincasano, alcuni insonni leggono, qualcun altro chatta e la maggior parte cerca siti porno, mentre le coppiette si salutano e roboanti motociclisti rompono il silenzio della notte nonché i maroni della gente, mentre i camionisti viaggiano e qualcun altro sosta, io resto qui, in attesa, non saprei di cosa, forse solo un pensiero, un'idea o almeno un'illusione. In attesa che la notte passi. E ceda il posto, magari, ad un giorno migliore.

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giovedì 27 agosto 2009

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Paura d'amare

Un cuore ferito

Mai avuta neanche una fottutissima storia. Era forse uno di quegli uomini che hanno paura d’amare? Chiedevano, sottovoce, quasi che la sua fosse una brutta malattia. Non era contrario al matrimonio, alle storie stabili, ai rapporti duraturi, alla monogamia e all’impegnarsi a tener fede ad una promessa del tipo “ti amerò per tutta la vita”.

Ma proprio non riusciva a vivere una relazione cogliendo l’attimo, come quando prendiamo un treno perché sappiamo che non si fermerà a lungo ad aspettarci, senza neanche renderci conto se quello va nella direzione che vorremmo. Perché questo gli sembrava facesse la maggior parte
della gente, salvo poi scendere dai treni in corsa.

“Ok, sei carina, simpatica, mi sento a mio agio quando sono con te. Ti sogno anche la notte. Posso dire che mi piaci, mi interessi, che vorrei continuare a frequentarti. Ma ti conosco da neanche una settimana. Non posso che ti amo, se lo facessi mentirei.”
Quello pensava, in quelle rare occasione in cui gli capitavano incontri interessanti.

Non credeva nei colpi di fulmine, aveva bisogno di tempo tempo per capire i sentimenti nei confronti degli altri, ed il modo più sbagliato di cominciare una relazione secondo lui era proprio quello di riempirlo di parole che non sentiva, almeno non ancora.

“Un altro che non sa decidersi” pensavano le donne, sempre convinte che a frenare gli uomini sia la paura di impegnarsi. Ebbene sì, per impegnarsi voleva sentirsi sicuro che potesse funzionare. Se non ne era convinto non si lanciava. Magari era solo questione di tempo.
Magari no .

“Rischia!” consigliavano gli uomini per i quali ogni lasciata è persa.
“Intanto vivila, poi si vedrà. Se è quella giusta lo scoprirai, altrimenti, beh, almeno avrai trombato”.

Non si ritrovava in tutto questo. Forse era solo inadatto ai tempi che correvano, uno di quelli che si fanno troppe seghe mentali, uno che non sapeva vivere o magari era solo un idiota.

Poi però inizia a guardarsi intorno. E scopre uomini sposati che vanno a puttane, donne che pensano che qualche scappatella ogni tanto solidifichi il rapporto, storie spente che si trascinano all’infinito perché, nonostante tutto il dolore che infligge, fanno meno paura del baratro della solitudine, donne in là con gli anni con il desiderio di fare un figlio alla caccia di un possibile buon padre piuttosto che di un uomo che l’ami, uomini alla ricerca della bella di turno, meglio se ingenua, così è più facile da conquistare (ma -si chiedeva- la bellezza può durare a lungo ma mai per sempre, ed allora dopo che fanno, ne cercano un’altra?), donne convinte che un rapporto non possa durare se il tipo non si dimostri prima economicamente stabile (e cosa vorrà mai dire – rifletteva- dal momento che anche gli imprenditori falliscono, nessuno potrà dimostrarsi davvero economicamente stabile, nella scala sociale si può salire come
scendere), persone che si sposano per fare famiglia, dividere le spese, incrementare le proprietà, e quasi mai per amore, perché, dicono, solo l’amore non basta.

Ed allora scusatelo, ci aveva provato, ma dopo quello che aveva visto in giro, dell'amore non ne ebbe solo paura ma un vero e proprio terrore.

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mercoledì 26 agosto 2009

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Una parola, un racconto: LOCANDINA


L'attrice sostava davanti all'ingresso del cinema, orgogliosa di quella locandina che la ritraeva in una posa da guerriera, con la spada tratta, i capelli al vento, lo sguardo sensuale e aggressivo al tempo stesso in un alquanto improbabile costume di scena che concedeva pochissimo spazio all'immaginazione. Era fiera di quel lavoro. Sentiva di essere proprio così, rappresentata per quello che era davvero, provocante e battagliera, come neanche uno specchio sarebbe mai riuscita a cogliere.
Mentre era lì, intenta a rimirarsi in quell'immagine, si avvicinò un uomo.
Guardò prima lei, poi la locandina.
“Bella donna, eh?” disse l'uomo.
“Trova?” rispose l'attrice, soddisfatta.
“Non so che darei per una donna così...sa che un po' le somiglia?”
“Solo un po', dice? Guardi, sono io, quella!” rispose lei, offesa per non essere stata riconosciuta.
L'uomo la fissò con più attenzione. Poi guardò ancora il manifesto.
“Nooooooooooo!!!!” fece con una smorfia.
“Vuole vedere i documenti per convincersi?” la donna puntò il dito che campeggiava sotto l'immagine, poco sopra il titolo del film.
“E' il mio nome questo” e così dicendo frugò nella borsa alla ricerca di qualche documento per convincere quello scettico.
“Allora è davvero lei!” disse l'uomo, sorpreso.
“Sicuro che sono io!”.
“Sembra...sembra più alta nel manifesto”
“Ma no...sono gli effetti sullo sfondo che danno quest'illusione”.
“E i nei che ha sul viso? Perché non si vedono nell'immagine?”
“Sa, tolti con il computer...il fotografo dicevano che erano antiestetici”
“E, mi scusi se glielo dico, però il suo seno lì, insomma, sembra più voluminoso.
“Colpa del copione...nella sceneggiatura l'eroina era presentata con un seno più abbondante del mio, così ho dovuto imbottirlo. A rifarmelo non me la sono sentita”.
“Ma neanche il colore degli occhi è lo stesso!”
“Non ha letto il titolo? “La guerriera dagli occhi verdi”, insomma, lenti a contatto colorati””
“Insomma, mi sta dicendo che quella lì non esiste, e che io non potrò mai incontrarla” disse l'uomo puntando il dito verso la figura e allontanandosi.
La donna cambiò del tutto umore, sentendo montare la rabbia dentro di sé. Era lei che aveva studiato la parte per settimane. Lei che aveva sopportato ogni bizza del regista. Lei che si era svegliata a orari impossibili perché la maggior parte delle scene dovevano essere girate all'alba. Lei che si era sottoposta ad estenuanti ore di trucco. Lei che si era sentita ridicola in abiti strizzatissimi che quasi le facevano male appena si muoveva. Lei che era stata ricoperta da punture di zanzare durante le riprese nella foresta, adattandosi a mangiare carne in scatola scaduta, dal momento che erano troppo lontani dai centri abitati per andare a comprare qualcos'altro. Lei che si era accontentata di un cache basso pur di avere la parte, la prima da protagonista che le avessero mai proposto. Aveva fatto di tutto per meritarsi il successo. Invece lo aveva lasciato a quella lì, quella della locandina, una, come le avevano appena dimostrato, con cui non sarebbe mai potuta competere.

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martedì 25 agosto 2009

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Il parco dei personaggi (in)esistenti

parco-tramonto 
“Toh, guarda chi c'è, il Signore del Male! Come mai non sei a tramare loschi piani contro l'eroe di turno?”.

“Deve essere piuttosto scarso come detective, lei, se non lo intuisce da solo. Quello scrittorucolo da strapazzo è impegnato con il cammino dell'eroe, sa come vanno queste cose, bisogna far passare un po' di sfiga al tipo prima che possa presentarsi al mio cospetto. Credo che ne avrà per almeno tre capitoli.”

“Ma di un po', non è stufo di questo costume da pagliaccio in nero?”

“Ovvio che lo sono. Poi, questo mantello, già è scomodo. Si figuri d'estate! Tutta colpa dell'uomo nero. Da quando se ne va in giro a spaventare i bambini, tutti gli scrittori danno per scontato che il Signore del Male debba assomigliargli!”

“Eh, ma almeno qui al parco, poteva venirci in tenuta da spiaggia”

“Magari. Nel mio guardaroba non c'è nulla di adeguato. Gli scrittori non stanno attenti a certe cose, lo sa già. Mi hanno dotato di un costume ridicolo e pensano che io stia a posto così”

“Non lo dica a me, che mi fanno girare con l'impermeabile lercio anche d'estate!”

“Ma come mai lei non è dietro a qualche indagine? Ha già risolto il caso?”

“Certo che l'ho risolto! Il colpevole è la ragazza con gli occhi a mandorla”

“Questi cinesi, hanno iniziato a infilarsi dappertutto, anche in letteratura. Quindi la sua avventura è quasi finita?”

“Macché, è al secondo capitolo!”


“Ah, allora le toccherà passar il resto del libro a rincorrere l'assassina, che già conosce”

“Magari fosse così semplice! L'autore ha deciso che l'assassino è la ragazza, convinto che, agli occhi del lettore, lei sia insospettabile. Non si è ancora accorto che la sua storia, invece, non solo zoppica ma è fin troppo prevedibile. Ma se ne accorgerà. E come finirà la questione? Che travolgerà gli indizi che conducevano a lei e si cercherà un nuovo colpevole. In pratica, mi farà fare da capo il lavoro!”

“Non si lamenti, che la sua vita va molto meglio della mia. Almeno a lei cambiano ambientazione, colleghi, trama...prenda me. Sarei ricco e potente, ma devo viver in un tetro castello di merda! Ma quello che mi fa più incazzare è che potrei avere tutte le donne del mondo, ed invece cosa mi danno? Una sgualdrinella che non me la darà e alla prima occasione buona ne approfitterà per tradirmi!”

“Si sa, la fantasia degli scrittori è quella che è. Prenda il nostro, che è pure alle prime armi, figurati se riesce a discostarsi dai cliché. Ma guarda chi sta arrivando...l'eroina dei romanzi rosa: può provare con quella”.

“No, grazie, la droga non mi interessa. Già sclero abbastanza di mio”

“Ma che ha capito? Intendevo la protagonista dei romanzi d'amore!”

“Signori, buongiorno!”

“Buongiorno a lei. Cosa ci fa qui?”

“Porto a passeggio il cane”.

“Fuori dal suo romanzo? E' dentro la storia che dovrebbe scorazzarlo! Dove le sfuggirà quel tanto che basta per farle incontrare il suo principe azzurro!”

“Pensa che non lo sappia? Ma l'autore è in crisi creativa! Sono più di tre mesi che non tocca le mie pagine. Dovrò pur portare Fido a fare i suoi bisogni.”

“Fido? L'originalità degli scrittori moderni mi stupisce ogni giorno di più”

“Vedrà come filerà veloce la sua storia, non appena l'editore comincerà ad incalzarlo e pretendere il manoscritto completo”.

“Magari fosse così...questo non è mica uno scrittore professionista. E' uno di quelli che iniziano le storie e poi le accantonano per anni...se continua con questo ritmo, rischio di non vederlo mai, il mio principe azzurro”.

“Se anche il nero, le va bene, signorina...”

“Ma cosa dice?”

“lasci perdere...che nei romanzi rosa le protagoniste sono complessate, piene di casini e purtroppo, fedeli.”

“e te pareva...speriamo almeno si faccia viva qualcuna proveniente dalle storie erotiche...con quelle non ci dovrebbero essere troppi problemi”.

“Non farti troppe illusioni. Se ne vedono pochissime da queste parti. Il sesso tira così tanto che raramente gli autori le tengono ancorate alle proprie storie e non lasciano loro un attimo di tregua. E se anche sfuggono al loro creatone per farsi un giro qui, sono così sfinite che di sesso nonne vogliono sapere”

“Ehi, voi! Cosa ci fate qui? Tutti dentro le vostre storie! Avanti! Marsh!”

“Ecco, ci mancava solo lui!”

“Chi sarebbe?”

“l'alter ego dello scrittore”.

“Quindi la pausa è finita?”

“per quello lì? Ma no. E' un personaggio anche lui, somigliante all'autore, quel tanto che basta per soddisfare la sua voglia di esibizionismo e la sua mancanza di idee. E' solo un po' più maldestro. “

“ehi, Fido ha trovato qualcosa!”

“E' quello cos'è?”

“Come è strano!”

“Sembra un alieno”

“Ma è vivo?”

“Sembra di sì...si muove”

“So io cos'è...e non è affatto alieno...è solo...incompleto”

“Lo conosci?”

“E' opera tua?”

“Lo conosco bene. E' opera mia, come di tanti altri. Quella è l'idea geniale. Ci sono scrittori che vi si dedicano per anni, ma poi non riescono mai a farla entrare nelle loro storie, così la abbandonano qui, alla ricerca di personaggi meno impegnativi”

“Vergogna! Non si abbandonano così le idee!”

“E cosa dovremmo fare? Così com'è, nelle nostre storie, mica possiamo portarcela!”

“A proposito, si è fatto tardi. Forse sarebbe il caso di rincasare tra le nostre pagine”

“ma il cancello è chiuso!”

“Oh, no! Un'altra volta!”

“Un'altra volta cosa?”

“Lo scrittore. Sta tentando di tenerci fuori!”

“E perché mai? Dove pensa di arrivare senza di noi?”

“Non lo so, forse è convinto che con noi, la bella eroina, il signore del male, il detective, l'alter ego scrittore, le sue storie avrebbero un sapore di già detto. Così ci rinchiude in questo parco, alla ricerca di personaggi nuovi”.

“Ed ora cosa succederà?”

“E' probabile che ne arrivino altri”

“speriamo non faccia arrivare anche i vampiri! Inflazionati come sono, e se decidesse di portarli qui?”

“Il signore del male non teme nessuno”

“ma se ti fai infilare anche dai ragazzini!”

“Questo perché sono costretto a fare come dice l'autore. Fossi libero di scegliere, non sarebbe così facile farmi fuori!”

“Sarà”

“Comunque i vampiri sono affascinanti”

“E meno male che questa era un tipo fedele”

“Ad ogni modo, come usciamo di qui?”

“Ci libererà, prima o poi, vedrete! conosco bene gli scrittori, e le loro manie. Ci provano sempre, a fare a meno dei cliché. Ma poi, per incapacità o altro, finiscono per cedere, e li richiamano. Alla fine, è sempre la stessa storia: basta attendere, e qualcuno tornerà a prenderci.

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lunedì 24 agosto 2009

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W.C.

Gentili signore e signori; per venire incontro alla esigenze di tutti gli utenti che passano di qui si è deciso di dotare questo blog di servizi igienici. Sperando di farvi cosa gradita, ho pensato di personalizzarli in modi da renderli più conformi alle vostre abitudini, ai vostri gusti o ai vostri interessi.

Gli amanti de brivido potrebbero optare per i seguenti modelli:



Chi invece preferisce accompagnare i suoi bisogni a suon di musica può scegliere una delle seguenti tazze:




Il prossimo esemplare è particolarmente indicato a coloro che preferiscono farla al buio.


Come potete notare non mancano sofisticati lavabi ultramoderni, che comunque consigliamo di maneggiare con cura.

Naturalmente si è deciso di rifornire la toilet di accessori adeguati, e, notando come, tra disoccupati, cassa integrati, vacanzieri e nullafacenti cronici, mai come in questo periodo c'è una lunga fila di persone che non fa che grattarselo, abbiamo pensato anche a loro.




Qualora il rotolo non bastasse per tutti, e per qualunque altro disagio, bastera telefonare al numero indicato nella foto.


Si raccomanda tutti coloro che dovessero passare da queste parti e decidere di far uso dei servizi igienici, di mantenere pulito e non scrivere sui muri.

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giovedì 20 agosto 2009

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Una parola, un racconto: ZUPPA

Preparare la zuppa si stava rivelando più complicato del previsto, notò la strega mentre mentre mescolava i suoi intrugli in ebollizione. Ne assaggiò un cucchiaio. Era un po' insipido, ma quello non era un grande problema, bastava aggiungere un po' di sale. Di carne ce n'era anche troppa. Il sugo non aveva un sapore malvagio, ma forse andava perfezionato. Un po' di pepe magari. Era con gli altri ingredienti che era scettica. Era stato difficilissimo trovarli e non era neanche sicura della loro bontà. Cercare la ragione, ad esempio, si era rivelato un calvario, sembrava non avercela più nessuno.

Neanche il sentimento aveva un sapore autentico, forse le avevano rifilato uno di quei prodotti geneticamente modificati. Di amore poi ne aveva trovato solo condizionato, quelli che ancora lo coltivavano genuino se lo tenevano ben stretto. Manco il sesso era più quello di una volta. In Italia, in Giappone, in Svezia fino a qualche anno prima se ne trovava in abbondanza e di qualità ma ormai era diventato scadente anche da quelle parti. In compenso di cinismo se ne trovava a pacchi. Peccato che a lei gliene bastasse un pizzico.

Con l'ironia poi bisognava tenere gli occhi bene aperti altrimenti finivano per rifilarti del sarcasmo, che aveva un gusto amaro che a lei non piaceva. La serenità la coltivavano in tanti eppure nessuno riusciva a farla crescere. Nutriva il sospetto che fosse concimata male, con lacrime, rabbia e invidia. Per fortuna di sogni se ne trovavano ancora, mentre perfino di sorrisi ce n'erano sempre meno. L'altruismo poi andava cercato quasi esclusivamente in zone disperate, come se dalle altre parti non sapevano cosa farsene.

Per fortuna che cortesia e gentilezza circolavano ancora. Certo, meno di quanto avrebbe sperato, ma se non altro quelli che ancora ne possedevano non si facevano scrupoli a regalartela. Peccato che molti la rifiutassero, preferendo la diffidenza, un pesticida dall'odore sgradevole che però teneva lontane le fregature, parassiti temutissimi. La strega assaggiò di nuovo la sua brodaglia: era quasi pronta, mancava la dolcezza e ne aggiunse una bella dose. Ecco, la zuppa della felicità era pronta.

Aveva un buon sapore, peccato che durasse solo un attimo. Mentre scendeva nello stomaco quella sensazione scompariva. Ed era pure un piatto che si faticava a digerire. Ma forse la colpa era sua, aveva dimenticato qualcosa di fondamentale. Ripassò mentalmente la ricetta, ma non le venne in mente nulla: del resto era sempre stata una pessima cuoca.

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domenica 2 agosto 2009

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Le scelte delle donne

"Non so se tu l’abbia notato ma le donne, nella vita, hanno tre possibilità. La prima è usare il cervello per farsi strada. Potrebbe sembrare la cosa più logica, peccato che, nel mondo in cui siamo oggi, abbastanza maschilista, si faccia una fatica disumana per ottenere la metà di quello che otterrebbero gli uomini senza darsi troppo da fare. Nonostante gli sforzi, ti ammirano in pochi, in quanto per la maggior parte degli uomini sei solo una donna frigida che si da tanto da fare perché incapace di trovarsi un uomo decente, e per le donne una che chissà chi si crede di essere quanto in realtà è soltanto una cozza frigida.

Se tenti di usare la sensibilità e tutti i sentimenti tipici delle donne nella carriera, diranno che sei una femminuccia, inadatta ai posti di comando; se sei dura come un uomo, diranno che sei peggio degli uomini e Dio ce ne scampi dalle donne al potere. In ogni caso vorranno farti apparire una perdente.

Allora potresti usare la seconda strada, ossia
utilizzare la tua avvenenza, la scelta preferita di chi non ha
molto altro da offrire. Ed ecco che per le donne diventi una troietta, per gli uomini una bambolina sexy buona solo da portare a letto. Sembrerà che tu non abbia sentimenti, idee, cervello od altro, come se fosse davvero possibile che, oltre quel corpicino per cui ti dai tanto da fare in maniera quasi maniacale, cuore e cervello siano praticamente vuoti.
Sarai ricercatissima, e se questo può sembrare esaltante, ti
accorgerai quanto sia frustante il fatto che il mondo, pur mostrandosi geloso di te, ti consideri una completa idiota.

Quindi verrebbe naturale pensare che l’idea migliore sia mettere insieme le due possibilità: darsi da fare con il proprio intelletto non rinunciando ad apparire sensuale e sexy. Ora, immagina quanto sia impegnativa questa strada: hai un corpo che, per essere al meglio devi curare truccare, depilare, ascelle da rasare, sopraciglia da strappare, tenere a bada i punti neri e perfetta l’acconciatura evitando che i capelli diventino un intreccio irrisolvibile di nodi e doppie punte; ovviamente devi anche tener d’occhio la permanente, per non rischiare che quei capelli assomiglino al vestito di Arlecchino, e immagina quanto tempo servirà solo a lavarli, considerando l’aria di città e lo smog che certo non aiutano a tenerli a posto; cerchi di tenere a freno la cellulite, con diete e palestre, e Dio sa quanto ti costeranno in sacrifici. Curi le unghie, metti lo smalto, strofini i piedi con la pomice, scegli i vestiti con estrema e probabilmente eccessiva cura, in modo che nascondano i propri difetti e apparire sexy ma non volgare, elegante ma non snob e cosi via; sai quanto ti costano tutte queste operazioni? Mezza giornata all’incirca.

E questo solo per apparire. Ma tu vuoi dimostrare che in te c’è molto di più, così studi, ti tieni informata, ti sforzi di apparire simpatica, interessante, piacevole; ti fai un
mazzo così sul lavoro, curi la casa, impari a cucinare e cerchi di far fronte da sola ad ogni situazione; cerchi di essere una donna impegnata che non trascura nulla, e se le avanza del tempo, benché sia difficile che le avanzi tempo, ne dedica qualcuno ai servizi umanitari: fai
volontariato o elargisci donazioni a enti benefici; impari a ballare e tutte quelle attività possano rendere una donna maggiormente interessante nel tempo libero; ovviamente fai sport, perché, oltretutto vuoi apparire anche sportiva.Ora, se stai dietro a tutto questo, ti avanza pochissimo tempo per vivere e divertirti ed, indovina una cosa, ti accorgi che in fondo non serve a niente.

Cercherai di dirti “io lo faccio per me stessa” ma la realtà è che lo fai per piacere agli uomini e non ti rendi conti che per il novanta per cento di loro non vale la pena darsi tanto da fare e per il restante dieci non ce n’era alcun bisogno”.


Estratto da un racconto che ho scritto, lo stesso di Uomini, donne e cucina. Visto che mi piace scrivere, ogni tanto ci provo a mettermi nella testa di una donna. Ma continuo a chiedermi se io ci vada almeno vicino, o non faccia altro che dare ai miei personaggi una femminilità infarcita di stereotipi maschili.

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venerdì 31 luglio 2009

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Se fosse scritto...


Non puoi sapere dove ti porterà il destino
Ogni ostacolo che incrocia il tuo cammino
Puoi saltarlo o rovinargli addosso
Puoi scappare,correre a più non posso
Ma se è tutto scritto non puoi evitare
Quella vita da cui vorresti fuggire,
la tua vita che non riesci a capire.

Quante volte ti sei dato la colpa
ogni volta che il solito errore
riesce a provocare un dolore.
Ma se invece tu fossi innocente,
se dei tuoi guai non c’entrassi per niente
e quelli che hai pensato
come errori del tuo passato
non erano che inevitabili passi
in cui reciti in un copione già scritto
da altri per te?


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lunedì 27 luglio 2009

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Una parola, un racconto: TELEFONINO


Fu un'idea geniale. Piuttosto che invadere la Terra, gli invasori preferirono lasciar credere agli umani che erano stati loro stessi a crearli. All'inizio mandarono le razze meno evolute, tanto per non correre rischi, cercando un approccio graduale per permettere a quegli stupidi bipedi di familiarizzare con gli invasori. Ma, al di là di ogni più rosea aspettativa, gli umani erano talmente entusiasti della loro presenza che cominciarono a studiarne tutte le peculiarità, al fine di migliorarne prestazioni e rendimento. In nessuno dei pianeti colonizzati gli schiavi si erano dimostrati così contenti di mettersi al servizio dei nuovi padroni. Li caricano, li coccolano, li servono, li riveriscono, se li portano dappertutto, concedendo loro la possibilità di imparare tutti i segreti del loro mondo, comprese le loro debolezze, tramite servizi multimediali come audio e video. Confessioni in piena regola, date spontaneamente, senza colpo ferire.
Certo, qualche problemino c'è comunque stato. Gli umani sono esseri spesso irrazionali e molto impulsivi, nonché sbadati. Negligenze che sono costate qualche vittima tra gli alieni, sbattuti di qua o di là oppure affogati da gente maldestra o facilmente irritabile. Ma una guerra intergalattica avrebbe sicuramente fatto molte più vittime. Problema comunque destinato a scomparire, in quanto agli umani piace saperli infrangibili e stanno studiando un modo per renderli tali. Gli unici di cui preoccuparsi sono i diffidenti, quelli che dicono che le onde magnetiche sono pericolose. Fortunatamente non hanno ancora scoperto che sono proprio l'arma con cui la razza aliena sta facendo il lavaggio del cervello ai terrestri. Considerando che la conquista della Terra sta procedendo a ritmo sostenuto è probabile che non faranno in tempo a capirlo. Nel 2012, anno in cui è prevista l'invasione totale non potranno farci più nulla. Non avranno più una famiglia, un lavoro, degli amori una vita: resterà loro solo un telefonino di cui essere schiavi.

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domenica 5 luglio 2009

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Le parole


Come il vento le parole sono
arrivano, ti sfiorano, t’abbandonano
spesso le insegui, continui a cercarle
invano, senza trovarle.
Nei labirinti delle mente perse
da altri pensieri sono immerse;
anche se le cerchi, in te già sai
che mai più le ritroverai.
non puoi inseguire il vento
eppure, stacci attento
sono in te, non se ne andranno
mai indietro ti lasceranno.
Resteranno con te per sempre
tenta pure di nasconderle, se vuoi
ma non pensare di sfuggirle, non puoi
quando meno te l’aspetti
i tuoi pensieri non saranno più protetti
le parole nascoste, dal profondo
tra le labbra s’andranno insinuando.

Scritta durante il liceo. Non che sia granché, ma mi andava di postarla.

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Se non trovi uno straccio d'uomo...

Insomma, che tipo d’uomo vorresti?
Uno che ti comprenda, immagino. Nessun uomo ha mai capito una donna ma tu sei ancora convinta, che da qualche parte, esista un uomo capace di capire te, che risulti incomprensibile ai tuoi amici, ai tuoi parenti e probabilmente anche a te stessa.

Di sicuro vorrai uno che ti apprezzi. Ma dimmi, come fa questo malcapitato ad apprezzarti, se, quando vuoi essere dolce e romantica nei suoi confronti, lo chiami con voce melliflua: “ciccino”, “passerotto”, “cuccioletto mio” quando probabilmente da bambina davi nomi più dignitosi persino ai tuoi peluche?

Un uomo con cui confrontarsi e che apprezzi i tuoi interessi. Ma ad un uomo non interessano i tacchi alti. Al limite, può dirti se ti stiano bene o meno. Non se fanno più tendenza di dodici o quattordici centimetri, se siano più sensuali delle zeppole, o se si adattano meglio ad un vestito rosso o nero. A te interessa lo shopping, che non sarebbe neanche questa brutta cosa, se tu non trattassi lui come un appendi abiti mentre ti provi l’intero reparto d’abbigliamento femminile, mettendoci circa quattro ore e comprando al massimo il primo abito che ti sei provata. Ma in genere no, non compri neanche quello. Ti aspetti che ti regali qualcosa lui. Che non avendo capito un accidente di cosa tu preferisca, farà l’indifferente, contento soltanto che il calvario sia finito. Finche tu non svolti l’angolo e trovi un nuovo negozio. Pensando che lui sia uno spilorcio.

Vuoi che ti porti al cinema. Ma l’horror ti fa paura. I thriller impressione. I gialli non ti piacciono. Nei film d’azione non si capisce niente, è tutto un fuggi e spara. Così i casi sono due: o vuoi vederti ridicole ed inverosimili commedie d’amore oppure, per mostrarti una intellettuale impegnata, documentari e film storici o drammatici dalla lunghezza infinita. Se va di lusso, si vede un cartoon. In compagnia di assillanti mocciosetti che non stanno mai fermi.

Ammiri l’uomo che ti porti nei locali carini. Dove solo l’ingresso costa un occhio della testa, e dove tu, se tutto va bene, mangi appena un’insalatina, talmente scondita che persino lui, a casa, l’avrebbe preparata meglio.

Se andrete in un qualche posto affollato, ti lamenterai che non si può respirare.
Al contrario, se sceglie un locale poco frequentato, ti lamenterai che è troppo moscio.

Ti porta in spiaggia, e ti lamenterai che hai freddo.
Non fa freddo, e ti lamenterai che ti abbia portato lì solo per provarci.
Non ci proverà, e ti lamenterai di quanto è un’idiota: ti avrà mica portato lì solo per prenderti in giro?

Vorresti uno che ti porti ai concerti. Lui lo farebbe, in fondo la musica gli piace. Ma ti rendi conto che, tra i tuoi cantanti preferiti, ci sono Renato Zero, Claudio Baglioni, Laura Pausini e quel che è peggio, Gigi D’Alessio?

Qualsiasi riferimento a persone, fatti o luoghi realmente esistenti o esistiti NON è puramente casuale.

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sabato 4 luglio 2009

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Una parola, un racconto: RITARDO



Racconto breve scritto il 28 Giugno sul gruppo La Fenice di aNobii, esattamente QUI.


Guardavo il treno allontanarsi, sfinito e sudato per la lunga corsa. Quasi con le lacrime agli occhi ho dato un'occhiata al tabellone degli orari. Era un interminabile lista di treni in ritardo. Guardavo la gente sbuffare, protestare, bestemmiare con i loro bagagli a fianco mentre io mi lamentavo dell'unico treno che era riuscito a rispettare la propria tabella di marcia. Ormai non c'era più niente da fare, se non andarsene. Mi avvio verso il sottopassaggio e vedo un ragazzo che corre, con una valigia enorme in mano, ricorda me poco fa, si vede che è stanco, continua a correre con la forza della disperazione e quasi con rassegnazione. Poi volge gli occhi al tabellone, nota che il suo treno deve ancora arrivare, fa un sospiro di sollievo e si concede il meritato riposo sedendo su una panchina all'ombra. Il tabellone si aggiorna: il suo treno ha aumentato il ritardo di altri venti minuti. Esultante il ragazzo telefona agli amici: “Se vi sbrigate fate in tempo a prenderlo anche voi”. Mi verrebbe la curiosità di restare lì, così, solo per sapere se quei tizi faranno in tempo. Io, per soli due minuti, non c'ero riuscito. Altri possono permettersi anche un'ora. Forse non è sfiga, forse ci sono destinazioni che ti aspettano e che fanno di tutto perché tu possa raggiungerle. E chissà che anche quelli che finiscono in ritardo per i demeriti altrui, come quei viaggiatori che perdono le coincidenze, chissà se anche loro, senza saperlo, non siano che la destinazione di qualcun altro. Rallentati dal destino per aiutare qualcuno a raggiungerli. Qualcuno, come sempre, in ritardo.

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mercoledì 18 marzo 2009

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I tuoi piccoli gesti


Ogni mattina scorre via sempre uguale,
colazione e un’occhiata al giornale,
l’oroscopo annuncia un giorno speciale
e tu ci credi perché ti piace sognare…


Ma poi è meglio sbrigarsi,
vestirsi per non fare tardi al lavoro
e mentre ti trucchi
sono lì che ti guardo
un po’ imbarazzata, abbassi lo sguardo
appena te ne accorgi
però mi chiedi
se i capelli stanno meglio sciolti o raccolti
cosa m’importa? per me è lo stesso
sono morbidi e splendidi lo stesso…


Donna fuori e bambina dentro,
il tuo umore dipende dal tempo
ma poi che c’è di male
se ti fa paura ancora il temporale?
quasi ci spero per vederti in cerca
delle mie braccia e tenerti stretta…


E quando ti guardi allo specchio
non c’è parte del tuo corpo
a cui non trovi difetto,
quando piangi
per questioni anche da niente,
quando invece ridi
per qualcosa divertente
e quando sorridi
ad un complimento
mi dai del bugiardo
ma io mica mento…


Donna fuori e bambina dentro,
mi piaci perché sei vera,
ingenua forse, ma sincera
e più di qualsiasi modella
ai miei occhi appari più bella.
Tu stammi vicino
sei il sogno
con cui mi sveglio il mattino…


Sempre alla ricerca di una meta,
poi hai la fissa della dieta
ma invece, dammi retta
anche così resti perfetta;
se ti basta, io ti apprezzo
con i tuoi vizi, le manie,
le debolezze e tutto il resto,
per ogni tuo piccolo gesto…


…da quello che c’è in te,
da come prepari il caffè,
il tuo essere insicura
e se anche il buio ti fa paura
chi se ne frega,
c’è luce nei tuoi occhi
e quella può bastare
ad illuminare la vita a tutti e due…


Spesso te ne stai sulle tue,
è vero che faccio fatica a capirti
quando qualcosa ti stanca
o cos’è che ti manca,
ogni tanto ti vedo che piangi,
ti asciughi le lacrime
un po’ ti vergogni
ma una lacrima
non è che una carezza
che ti conforta l’anima
intrisa di tristezza…


Anche la nostra storia
procede tra ombre e nuvole,
rischiarite e pieno sole;
non so cosa ci vuole
per rendere stabile il sereno,
sarà che sono un uomo
ed il tuo mondo
non lo capisco fino in fondo…


Romantica sognatrice,
scusami, se non ti rendo felice
non è che non ci provi
ma cosa vuoi,
persino la mia vita
trascino con fatica,
nel frattempo tu
non tenerti tutto dentro
e non lasciare che
soltanto i tuoi gesti
parlino di te…


…come quando ansiosa
con un dito ti sfiori
tra i capelli una ciocca
e se commetti una gaffe
ti mordi le labbra
e ti senti una sciocca,
quando poi
sei nervosa
ti mangi le unghie
e comunque
sei gelosa,
sia delle tue cose
che di me…


Mix di dolcezza,
tenacia ed ironia,
a ridarti il buonumore
può bastare una canzone,
lunatica,
o proprio isterica,
hai uno sguardo seducente
e facilmente ti commuovi,
malinconica
quando meno te l’aspetti
riaffiora in te la nostalgia
per qualcosa in cui credevi
e non sei mai riuscita
a mandar via…


La fantasia
è il tuo rifugio sicuro
dalle delusioni
di una grigia realtà,
se mi cerchi però
lo sai che son qua,
per darti conforto,
per darti coraggio
o semplicemente
per darti un abbraccio…


So che una donna
se anche ti vuol bene
non per questo t’appartiene,
e se pure sarà
soltanto una bugia,
tu
lasciati credere mia…


Mi rimproveri sempre
di non notare mai niente,
nessun tuo cambiamento,
a stento mi accorgo
se hai tagliato i capelli
o smalto alle unghie,
se usi un nuovo rossetto
o indossi
un bracciale diverso,
ma per me
puoi fare come ti pare,
il fatto è che tu
non puoi piacermi di più,


mi basti
già così come sei
coi tuoi pregi e i tuoi nei,
e se quando ti vesti
mi chiedi “come sto?”
io in fondo che ne so?
La verità, se la vuoi,
è un po’ cruda
ma io ti preferisco
soprattutto nuda.


Se mi guardi con quegli occhi,
ogni volta che mi tocchi,
se abbracciati andiamo in giro
o quando sento il tuo respiro
sulla pelle,
ogni volta che ti sono vicino
o quando nel letto
il tuo viso
appoggi al mio petto
e con le braccia ti ci stringi
come fosse il tuo cuscino,
se ti mordo un orecchio
e ti bacio sul collo,
se vedo
quelle espressioni nel viso
mentre perdi il controllo,
il tuo seno ha il sapore
di un frutto proibito,
il tuo odore
profuma la stanza,
so che di te
non potrò più fare senza,
sei complicata a volte
però resti il fuoco
che mi accende la notte.


Ti vedo spesso
Maledire il tuo aspetto,
forse pensi
che qualcosa ci manchi
per essere bella davvero,
o che magari
siano troppo abbondanti
i tuoi fianchi
ma sono sincero
quando ti dico
che nel tuo viso
o in tutto il resto del corpo
in te
non ci sia nulla di troppo,
niente
che non si lasci apprezzare,
che non si voglia accarezzare.


Non hai bisogno
d’invidiare
le donne dei rotocalchi,
né le prime pagine
che i giornali dedicano loro
per lo spazio
di una sola settimana,
di una bella copertina,
per dimenticarsene
e cercarne altre
da mettere in vetrina.


Forse non sarai mai
la prescelta dalle folle,
colei per cui impazzire
e soddisfare
tutte le sue voglie,
ma la fama,
se anche dura,
ti lascia nella paura
di perderla in soffio,
ti getterà nello sconforto
il tempo che ti invecchia
od una ruga in più sul volto,
soffrirai le pene
di chi non vuole uscire dalle scene...


Io non saprò mai darti
né fortuna né ricchezza,
soltanto se vorrai
tanto affetto e tenerezza,
che prometto
non ti lasceranno
al disfiorire
della tua bellezza,
mi perderò sempre
nei tuoi occhi, nella tua voce
nei tuoi sorrisi e nei tuoi gesti,
in tutte quelle piccole cose
che ti porterai dietro
come parte di te,
sopporterò i tuoi difetti
con la consapevolezza
di chi sa
di guadagnare
più di quanto perda…


Anche se la vita in due
non sarà mai facile,
come proteggere
un dipinto antico
dal valore immenso
ma pur sempre fragile,
farò di tutto
per tenerne vivi i colori,
perché non si deteriori
con il passare del tempo
e non ceda alle insidie
nascoste al suo interno,
perché duri l’incanto
di sentirti accanto,


se tu tendi la mano
il nostro futuro
può arrivare lontano,
potrà affrontare
qualsiasi cosa,
potrà superare
qualunque sfida,
potrà durare
tutta una vita.

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domenica 15 marzo 2009

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Fuochi e fiamme

Oggigiorno la gente non fa che giocare con il fuoco. Tutti piromani, a modo loro. Giocano con i fuochi della passione, timide sensazioni vengono improvvisamente infiammate, e quando ancora tutto brucia si allontanano, incuranti dei danni provocati. Il tempo, prima o poi, avrà clemenza per spegnerle quelle fiamme, ma non senza chiedere un tributo, lasciando i malcapitati con il cuore ferito ed i sentimenti inariditi.


Ma scaldare tanto un cuore da infiammarlo di passione non è impresa alla portata di tutti, così alcuni cambiano bersaglio.
Una volta qualcuno propose di mettere al rogo i libri, ma la tattica non ha funzionato, in troppi hanno continuato a difenderli. Hanno cambiato sistema, intervenendo direttamente sulla fonte: adesso bruciano le idee. Non è poi così difficile, ti martellano in tutti i modi con le loro sciocchezze, sfruttando tutti i canali di comunicazione e alla fine ti bruceranno il cervello. Se anche avrai resistito intorno avrai terra bruciata e non ti sarà servito a niente.


Una volta i giovani promettenti bruciavano le tappe, ora preferiscono bruciare le loro speranze. I mediocri invece sanno bruciarsi da soli i loro anni migliori. Forse ci stanno preparando per l'inferno, preparandoci una strada di carboni ardenti e facendo un falò del nostro futuro. E alla fine, dei nostri sogni, non resteranno che ceneri.

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venerdì 27 febbraio 2009

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Tra le pagine dei blogger

Sarà che sono curioso. Sarà che mi piace leggere. Sarà che non mi piace la tivù, ma quell'istinto da voyeur che porta la gente a guardare i reality show ce l'ho anch'io, lo sfogo soltanto in maniera diversa, intrufolandomi non invitato nei diari virtuali della gente. Sarà che alcuni scrivono davvero bene. Sarà che nelle pagine on-line si nascondono emozioni vere.


E non è poi così importante per chi o cosa sono state provate, se da una ragazzina disperata per il ragazzo che l'ha lasciato, oppure un uomo che per una scommessa  con gli amici decide di andare a piedi in Turchia, le sensazioni di una donna alle prese con la prima gravidanza, le riflessioni di qualcuno mentre passeggia con il cane o le frustrazioni di una casalinga che non ha mai imparato a fare il bucato. E' gente che vive, che sogna, si arrabbia e si illude. E' gente che dimostra coraggio, volontà, sensibilità, determinazione e acutezza d'ingegno e se anche avesse inventato la maggior parte delle cose che ha scritto, non gli si potrebbe comunque negare la fantasia. Insomma, è gente che vale.


Perciò lo ammetto: passo gran parte del mio tempo o delle mie notti insonni a farmi i fatti degli altri, a curiosare nei loro blog, sentendomi partecipe alle loro emozioni, sorridendo delle loro disavventure o condividendo le loro sofferenze. E forse è normale, solo che io provo le stesse cose persino per i blog abbandonati da tempo. Sarà l'istinto del lettore, di chi non si fa problemi con i romanzi scritti nei secoli scorsi, quindi non vedo perché dovrei farmeli con i post degli anni passati. Tanto più che spesso sono più spontanei e sinceri di quelli attuali.

Ti chiedi che fine abbiano fatto i loro autori. Ed anche i loro lettori. Lettori abituali oppure occasionali, finiti in quelle pagine magari per gli stessi motivi per cui, anni dopo, mi ci sono ritrovato io. E mi affeziono anche a loro, al loro modo di commentare, incoraggiante o discreto, ricco di giudizi sferzanti o battute sagaci. In mondo di cui non fai parte, ma che ti entra dentro, proprio come i protagonisti di un libro ed i loro comprimari. Solo che in un libro, il più delle volte le storie non restano in sospeso. Sai come va a finire.


Se hanno realizzato i loro sogni, superato gli ostacoli di cui avevano timore, se abbiano rinunciato per sempre a provarci o siano rovinosamente caduti nel tentativo.  In un blog no, a volte la gente scompare e basta, ed i motivi che spinge a fare una simile scelta restano ipotetici. Ricordano quelle adolescenti che, a un certo punto, si sentono troppo mature per continuare a scrivere un diario. E, se lo rileggono, lo giudicano infarcito di frasi fatte o ridicole. Forse capita lo stesso agli autori dei diari on-line. Si stufano. Di bloggare, di spiattellare i fatti propri in piazza o della gente che li contesta.


C’è chi semplicemente trasloca, vuole cambiare template o provare piattaforme più agevoli e considerando i progressi che l’informatica fa ogni giorno è anche comprensibile, lo è forse meno rinnegare le esperienze passate, lasciando perdere le proprie tracce anche dai lettori più affezionati,come se cancellando i vecchi blog e ricominciando da zero l’esperienza virtuale ci si possa illudere di resettare anche la propria vita.


Eppure trovo che sia un peccato vederli finire nell’oblio, forse ci vorrebbe un cimitero dei blog dimenticati, come quello dei libri perduti descritto da Carlos Zaflon nel L’ombra del vento.


Anche se siamo ancora nell’epoca d’oro dei blog e del web 2.0 penso che questo periodo sia destinato a finire. Ogni forma di comunicazione ha avuto la sua ascesa ed il suo declino. Come la stampa, nata per ridurre i costi dell’informazione e della circolazione di cultura ed idee e che oggi ha costi altissimi. Come le radio libere. Come le riviste di fumetti che una volta riempivano le edicole e che continuano ad essere ricordati da autori e lettori con nostalgia e rimpianti. Come il teatro o il cinema, che oggi stentano a riempire la platea. Come la tv, sempre in auge ma ormai schiava della pubblicità. Credo perciò che anche Internet, prima o poi, subirà lo stesso destino.


Basta farsi un’oretta di navigazione per accorgersene. I blog e i siti pupullano di banner, annunci adsense ed altre forme pubblicitarie. Una volta i blogger volevano dare voce alle proprie idee, mi pare che oggi preferiscano fare soldi per ogni click. E cosi leggi post che parlano di rasoi bevande, auto, vestiti o dell’importanza di conoscere le lingue straniere e ti viene il dubbio che non siano proprio spontanei, specialmente se da qualche parte nel template, il più delle volte esattamente sopra il post, c’è qualcosa che pubblicizza Gillette, la Coca Cola, la Smart la collezione autunno/inverno di qualche casa di moda o una scuola per interpreti.


Anche se, proprio come fossero dei pubblicitari, anche i blogger si stanno facendo furbi. Niente annunci che diano nell’occhio, meglio trasformare il tutto in un semplice link, mettendolo da qualche parte come una sorta di “informazione utile”. Meno plateale e più redditizio. Una volta si diceva che Internet fosse uno strumento dal potenziale altissimo con costi contenuti ma anche un grande difetto: non rendeva. E forse non ci siamo mai accorti che invece quello era un pregio.

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giovedì 22 gennaio 2009

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Noi Maschi

Adolescenti viziati, giovani menefreghisti, trentenni con la sindrome di Peter Pan, quarantenni in crisi di identità, cinquantenni insoddisfatti, anziani rincitrulliti…insomma, mai pronti, se non a sbavare dietro sciacquette tutte tette e niente cervello. Buoni a nulla capaci di tutto, tutti uguali, hanno tre sole passioni, i motori, il calcio e la figa, sposano ragazze all’antica ma poi vanno in cerca di amanti, tanto non si vergognano di nulla, nemmeno di tradirti con la migliore amica.

Hanno costruito una società maschilista sulla pelle delle donne e neanche se le meritano, scordano le date importanti ed in casa non aiutano mai, non fanno altro che rovinarti la vita e cacciarsi nei guai.

Stronzi e bastardi o forse anche peggio, non sanno amare, le donne non le capiscono e come potrebbero se del resto neanche le stanno a sentire, con il chiodo fisso in testa ed un cervello ostaggio di quell’affare che hanno tra le gambe, il cazzo sanno usarlo solo per ragionarci, ne parlano sempre ma non se lo lavano mai, del resto non è che ci si possa aspettare di meglio da qualcuno che fatica a centrare un buco grande come la tazza del water.

Sono senza misure , alcuni fanno i cafoni e le gare di rutto, portano con orgoglio la barba incolta per assumere atteggiamenti da macho; altri fanno i fighetti che profumano, si lavano troppo e vestono firmato, convinti che basta vestirsi da damerini e possedere un’auto di lusso per fare colpo, pensano che coi soldi si possa comprare tutto, specialmente le donne;

Insistenti ed irritanti come femminucce piagnucolose oppure completamente insensibili, gelosi ed appiccicosi all’inverosimile diventano improvvisamente assenti: li si vorrebbe accanto ed invece non arrivano mai, solo nel letto vengono sempre troppo presto.

Immaturi, in fuga dalle responsabilità e dalle cose importanti, passano il loro tempo nei bar a litigare per un rigore, a giocare a scopone, a fischiare e dire fesserie per ogni donna che entra, talmente convinti che ogni lasciata è persa da provarci con tutte, tanto per loro le donne sono tutte uguali, tutte troie, a parte le sorelle e la mamma.

La mamma, l’inarrivabile santa con cui qualunque altra donna perde il confronto: nessuna è degna di lei, nessuna è più buona di lei, cucina come lei, pulisce come lei, fa la spesa come lei, sa risparmiare come lei…

Stupidi ed arroganti, su di loro non si può contare,hanno dimenticato cosa sia la galanteria, bisogna pregare per farsi dare una carezza senza che ne approfittino per iniziare a palparti, vigliacchi, violenti, bugiardi, meschini ed ipocriti, scordano le promesse in meno di una settimana mentre si ricordano di farti un regalo solo quando hanno qualcosa da farsi perdonare;

Tutta la vita ad aspettare quello giusto che tanto non arriva mai: sarà giusto per un’ora, un giorno, un mese o qualche anno, ma poi viene fuori la sua vera natura. Se non appartiene alla razza dei bastardi farà comunque parte delle merde e questi sono i peggiori, perché dai bastardi puoi aspettarti di tutto, ma gli altri, le carognate che possono farti colgono di sorpresa e feriscono il doppio.



…e ti becchi le sue accuse per tutto quello che non sei, e la vedrai innamorarsi di tutto quello che non potrai mai essere…

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sabato 17 gennaio 2009

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Ultimi giorni

faces-truck
Storia di una vecchia di 90 anni. La sveglia suona e lei, dopo alcuni attimi in cui era rimasta immersa nel torpore, finalmente si desta. Allunga il braccio per far cessare quel suono, che ormai inizia ad infastidirla. Non ha veri motivi per alzarsi, è ancora un po' stanca, ma non è una a cui piace restarsene tutto il santo giorno infilata nelle coperte, decide quindi di vestirsi.


Data la sua età è lenta nei movimenti ed anche vestirsi è una piccola impresa, ma vive sola, non c'è nessuno che potrebbe aiutarla e del resto lei non vuole l'aiuto di nessuno.Va in bagno, tenta un minimo di toilette dopodiché si prepara un caffè in cucina.Inizia così la sua giornata, uguale alle tante che l'hanno preceduta. Da tempo ormai tutti i giorni si assomigliano e neanche quest'altro farà eccezione.


Prende il carrello per la spesa, chiude a chiave il portone di casa, scende i tre scalini dell'ingresso, sempre lentamente ma senza eccessive difficoltà, almeno per ora, che nel carrello non c'è nulla, ma sarà un'impresa fare quegli stessi tre scalini con il carico della spesa. Mai nessuno che si offrì di aiutarla, quando rincasa, ed a pensarci bene è meglio così, se fosse qualche malintenzionato che ne approfitta per rubargli le sue cose non avrebbe certo la forza per inseguirlo e forse neanche per gridare aiuto, ammesso che servirebbe a qualcosa.


Ha fatto poche centinaia di metri, ma è già stanca. Per fortuna, nel viale in cui abita è pieno di panchine. Certo, bisogna accontentarsi. Molte sono mezze rotte, piene di scritte incomprensibili, cancellate dalle pioggia e dal tempo. E forse è meglio così, alcune erano messaggi d'amore diretti a qualcuno, la maggior parti gridi di dolore e d'odio rivolti al mondo intero. Sta ancora riposando mentre arrivano dei gatti. Le strusciano intorno ai piedi e fanno le fusa, lei gli ripaga con qualche distratta carezza, ma sa che non s'accontenteranno. Sono in cerca di cibo, quello che gli lascia ogni mattina, comprandolo appositamente per loro insieme al resto della spesa. Ma al negozio non ci è ancora arrivata, dovranno attendere. Decide che si è riposata abbastanza, è ora di alzarsi. Rivolge gli occhi al cielo e si accorge che è una bella giornata di sole.


Immagina che in quel quartiere, deve essere l'unica ad averlo notato, gli altri sono troppo presi da altre occupazioni. Si guarda intorno e vede coppie che litigano, autisti indisciplinati e nervosi che urlano improperi versi chiunque, mendicanti che inventano ogni sorta di scusa per scucire qualche spicciolo a passanti che preferiscono prenderli a mali parole, gente che litiga per un parcheggio, ragazzini che picchiano altri ragazzini più piccoli, guadagnandoci un panino, uno zaino, qualche moneta o semplice divertimento, prostitute già al lavoro, sotto le tende dei bar uomini che le osservano, alcuni sono possibili clienti che decidono se sia il caso di contattarle o meno, il più delle volte sono i magnaccia che controllano la situazione, ci sono alcuni ragazzi che con il motorino continuano a fare su e giù lungo il viale, certo non hanno ancora fatto niente, ma il loro modo di fare è sospetto, sembrano scippatori che stanno solo attendendo l'occasione giusta per fare il colpo, sarebbe meglio tenerli d'occhio, del resto in zona ci sono anche i vigili, solo che al momento sembrano più interessati ad inseguire i writers, come si chiamano tra di loro, graffitari, come gli chiamano alcuni, imbrattamuri, come pensano molti e vandali, come li ritengono i più;


non mancano gli ubriachi di primo mattino, o forse erano gli ultimi della notte scorsa a cui non è ancora passata l'ultima sbornia e si trascinano dondolanti per le strade; né drogati alla ricerca di spiccioli e spacciatori, troppo furbi per farsi riconoscere da una vecchia, ma l'anziana donna ne è sicura, ci sono anche loro, in quartieri come questi non mancano mai, del resto basta guardare i marciapiedi pieni non solo di immondizia, non sono neanche le nove del mattino ed i cassonetti sono tutti pieni, ed anche dove non lo sono la gente evidentemente ritiene che la spazzatura da cui ci facciamo circondare ogni giorno siamo meglio metterla in bella mostra piuttosto che relegarla in un più discreto cassonetto.


Le vetrine dei negozi sono scarne, quasi che il loro obiettivo non sia invitare i clienti ad entrare quanto scoraggiare possibili malviventi, lì non c'è molto da rubare, si prega di attendere giorni migliori. Anche le insegne, molte sono rovinate, le luci o non funzionano o funzionano male.


Persino per quel che riguarda i cartelli stradali sono rimasti sono i pali che li sostenevano, chi passa da quelle parti per la prima volta si accorgerà a sue spese da quali pericoli dovrà guardarsi, chi invece conosce quelle zone sa già che li rischia tutti. Arriva finalmente al supermercato, non c'è molta gente, del resto chi abita in queste zone non ha molto da spendere. Sono soprattutto donne, molte straniere e di colore, ma non chiamatelo quartiere multietnico: qui le culture dei vari paesi non si confondono affatto, ognuno si fa gli affari propri, ognuno preferisce tenersi le sue gioie ed i suoi dolori, senza rischiari di farsi coinvolgere da quelli degli altri avvicinandosi troppo.


L'anziana donna fa la sua spesa, scarna come sempre, neanche lei ha molto da spendere però si è ricordata del cibo per i gatti che attendono fuori. Sta scambiando quattro chiacchiere con la cassiera, non ha molte occasioni di parlare con qualcuno così ne approfitta, ma dietro di lei c'è un uomo che sta già sbuffando, la pazienza non è una virtù di questi tempi, la gente ha troppa fretta di bruciare la propria vita, nascondendola dietro a quelli che chiamano impegni, siano essi di lavoro, con la famiglia o altro. Dopo aver pagato il conto la donna torna a sedersi su una panchina dove apre la scatola di crocchette per i gatti che l'hanno seguita e gli altri che, attirati dall'odore, la raggiungeranno di lì a breve.


Nel frattempo arriva un ragazzo, sempre che si possa ancora chiamare ragazzo un uomo di 30 anni o passa, con i capelli lunghi, la barba incolta e la chitarra in spessa. Si siede sul marciapiedi di fronte, posa un bicchiere di metallo per terra, accorda la chitarra ed inizia a cantare. Viene tutti i giorni, non si sa chi sia, da dove venga, dove vada, come passi le sue notti e dove dorma. Probabilmente è un vagabondo, e forse è anche uno sprovveduto, per guadagnare qualcosa con le sue note dovrebbe andare in centro, ai giardini pubblici, davanti le scale della cattedrale dopo la messa, quando la gente è più incline ad elargire una moneta per scaricarsi la coscienza.


Invece viene qui, nel quartiere più degradato della città, ogni giorno, alla stessa ora, lo stesso tratto di marciapiede, a cantare di speranza e libertà, parole che, in certi posti, sono le uniche a darti la forza per andare avanti. Chissà a chi le canta, si chiede la vecchia, se a noi o a sé stesso, e chissà se, all'infuori di lei, qualcun altro lo ascolta. Speranza e libertà vogliono dire futuro, e forse è meglio che nessuno ascolti, pensa la vecchia, là dove ti siedi non c'è futuro, caro ragazzo, ma solo un passato da dimenticare ed un presente insopportabile, il futuro è una chimera per gli illusi. Tra questi pensieri si alza per avvicinarsi al chitarrista e versare una moneta nel bicchiere. 50 centesimi, una miseria, ma bastano per un bel sorriso, quello con il quale il ragazzo la ricambia. Ed è proprio per vedere quel sorriso che ha fatto la sua offerta. E' il momento più bello della sua giornata, il resto la passerà seduta sul divano a guardare squallide soap-opere alla tv.


Rientrando in casa scopre che c'è un messaggio sulla segreteria telefonica. E' di sua figlia, l'unica persona che ancora si preoccupa di lei. Chiama spesso e continua a ripetere le stesse cose: quel quartiere non è adatto ad una vecchia sola come lei, sarebbe più tranquilla se si decidesse a trasferirsi, ne ha già parlato con il marito ed anche lui è d'accordo, avrebbe una stanza tutta per sé e non le farebbero mancare nulla. No grazie, pensa l'anziana donna, troppo disturbo per quel poco di futuro che ancora mi resta, e poi preferisco vivere la disperazione vera ai sentimenti ipocriti del residence in cui alloggia la figlia. Ci è stata, qualche volta e non ne ha ricavato una buona impressione, troppi inquilini interessati alle formalità e all'apparenza e pochi alla sostanza.


Si guarda allo specchio chiedendosi se la vera ipocrita non sia lei. L'unico motivo per cui non vuole allontanarsi dal quartiere è il bel giovanotto con la chitarra, che non avrebbe più modo di rivedere. Quanto sei stupida! pensa tra sé. Alla tua età non è più il caso di innamorarsi, tanto meno di una persona che avrà sessant'anni meno di te, tanto meno di un sorriso. L'amore non ha età le risponde la coscienza. E poi ne ho visto così poco che voglio illudermi di provarne ancora.


Si rimprovera di comportarsi come una ragazzina, la vecchiaia farà tornare bambini ma lei si è fermata all'adolescenza ed infatti come un'adolescente che soffre per amore ha smesso di mangiare da giorni. Non le piace restare a sognare cose che non potrà avere. Del resto è quasi giunta l'ora di lasciare questo mondo, novanta anni sono tanti e possono bastare, se il suo comportamento ne anticiperà la dipartita di qualche giorno il buon Dio non si offenderà.


Continua a guardarsi allo specchio soffermando la sua attenzione sulle rughe ed i segni lasciati dal tempo. Com'era diversa una volta! E' soltanto vecchia e stanca,oramai. Chissà che fine hanno fatto l'allegria della bambina che fu, l'irrequietezza dell'adolescenza, l'ottimismo della giovinezza, il coraggio della donna che era in lei, la forza degli anni passati.


Ripensa ai tanti episodi, alcuni piacevoli, altri meno, che hanno caratterizzato la sua esistenza. Molti si sono persi nella memoria ma altri rimangono vividi nel cuore, i falò con gli amici, il primo amore, le promesse al chiaro di luna con quello che diverrà suo marito, e che non manterrà, abbandonandola per una donna di venti anni più giovane, il giorno del parto, quello del matrimonio di sua figlia, le giornate al mare e le pazzie della gioventù, quando una dichiarazione d'amore poteva bastare a farla impazzire di gioia, tanto da farla uscire di casa per andare in spiaggia nonostante il diluvio, ballando nuda sotto la pioggia per ringraziare il cielo.

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giovedì 1 gennaio 2009

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Nuda sotto la pioggia

Piovevano cani e gatti, come direbbero gli inglesi. L'acquazzone si era prolungato per tutta la mattinata e non accennava a smettere. I notiziari consigliavano di non uscire e non prendere l'auto, per non rischiare di rimanere impantanati nelle strade allagate, come era già capitato agli incauti che, per necessità, lavoro o imprudenza, non avevano ascoltato il consiglio.

Ma il ragazzo non si sarebbe lasciato scoraggiare dal maltempo. Del resto non aveva la patente e non aveva bisogno dell'auto. Sarebbe andato, come sempre, a piedi o, per meglio dire, di corsa. Neanche quel giorno avrebbe saltato il suo quotidiano appuntamento con il jogging. Era andato sotto la neve, sotto la grandine, sotto il sole cocente: cosa vuoi che sia un po' d'acqua?

E pensare che odiava correre. Se qualcuno gli chiedeva perché mai, almeno nei giorni di maltempo, non se ne restasse a casa, lui rispondeva che erano proprio quei giorni che forgiano la tempra di un uomo. “I veri uomini non temono le avversità” rispondeva. Tutte scuse. Aveva programmato quello schifo di percorso che prevedeva scendere la collina, attraversare il ponte, percorrere mezza città fino ad arrivare nelle zone più buie ed isolate per proseguire ancora un paio di chilometri sulla spiaggia e quindi tornare indietro quando, ormai stanchissimo, quella che era stata una comoda discesa si trasformava in una terribile salita, soltanto per una ragione: vederla.

Non li aveva mai contati con precisione, ma supponeva fossero una decina di chilometri. Tanto distava la ragazza che gli piaceva da casa sua. Abitava in una zona sperduta e non ci sarebbe stato nessun motivo per arrivare fin laggiù senza destare sospetti. L'unica scusa più o meno valida che gli era venuta in mente era il jogging. Che odiava, e l' unico motivo per cui, in sei mesi, non aveva mancato un solo appuntamento con il suo supplizio quotidiano, era la possibilità di incrociare i suoi occhi. Cosa che era capitata pochissime volte.

Non sapeva niente di lei, neanche il nome. Sarebbe stato anche capace, nonostante la sua timidezza, di spedirle fiori e lettere d'amore, ma non avrebbe saputo come intestarle: “Alla sconosciuta con gli occhi verdi ed i capelli castani che abita in questa casa”? Meglio aspettare l'occasione di conoscerla di persona. Peccato che quella stramaledetta occasione tardasse ad arrivare. Non usciva spesso, anche se il ragazzo aveva notato che quando lui passava, lei spesso era sotto la finestra a guardarlo. Chissà cosa pensava di lui, se lo ritenesse uno stupido oppure se aveva intuito che faceva quel quotidiano sacrificio soltanto per lei. Quattro o cinque volte, con il bel tempo, l'aveva vista sulla spiaggia, sdraiata a prendere il sole, seduta a leggere, oppure a farsi il bagno in mare. Sarebbero state quelle le occasioni migliori, per fermarsi ed attaccare bottone. Cosa aveva fatto lui, invece? era andato dritto, senza neanche accennare un saluto. Anzi, a volte, aveva addirittura affrettato il passo. Brutta cosa la timidezza. Mesi ad aspettare l'occasione propizia e quando arriva, tirare dritto come niente fosse! O arrossendo. Ed una volta a casa a maledirsi, giurando a sé stesso che non avrebbe ripetuto lo stesso errore. Ed invece no, lo aveva ripetuto spesso, tanto è vero che erano passati sei mesi.

Sei mesi in cui lei era diventata padrona dei suoi sogni e dove, la differenza tra una giornata positiva ed una storta, la faceva incrociare il suo sguardo, fosse anche per pochi secondi, con lei al caldo dentro casa affacciata alla finestra e lui al freddo sotto il diluvio.

Percorreva il consueto percorso, la visibilità era scarsa, in certi quartieri era andata via la luce. Aveva notato come le auto che gli passavano accanto, lo notassero solo all'ultimo minuto, prima con il clacson, cercavano di avvertire della loro presenza ma poi invariabilmente le ruote sollevando l'acqua e il fango presente sulla strada, finivano invariabilmente per schizzarglielo addosso. Non che facesse grande differenza: era già bagnato fradicio.

Infastidito dalla pioggia che gli sbatteva contro il viso, affannato e stanco, aveva anche cominciato a tossire. Si era già pentito della decisione di correre anche quel giorno. Tanto, non c'erano grandi speranza di riuscire a vederla; in più, rischiava di ammalarsi. Cioè, di essere costretto a stare a casa anche se il tempo fosse stato bello. Era fatta, ormai. Inutile recriminare, tanto più che era quasi arrivato nei pressi della casa. Le luci erano accese, ed anche se era ancora piuttosto lontano, notò un'ombra sulla spiaggia. Il cuore del ragazzo cominciò a battere più velocemente. Sperava che fosse lei, anche se no ne era sicuro, era ancora troppo distante. Né riusciva a capire bene cosa stesse facendo. Stava affrettando il passo, ed oramai era abbastanza vicino per distinguere capelli lunghi e le forme di un seno femminile. Ma ancora non aveva capito bene cosa stesse facendo: sembrava un'invasata che si muoveva su, giù, destra, sinistra, piroettava e saltellava confusamente. Quando arrivò abbastanza vicino, la riconobbe. Si arrestò di colpo. Ormai distingueva chiaramente che la ragazza stava semplicemente ballando, ma non fu questo ad avergli fatto sussultare il cuore all'impazzata. Già questo avrebbe potuto bastare per ripagarlo della fatica fatta, la pioggia sopportata e la polmonite che probabilmente si era preso, ma c'era di più.

Lei era nuda. Era un pomeriggio inoltrato di un inverno lontano, pioveva a dirotto, la temperatura intorno ai due gradi, era buio. Solo una fioco luce proveniente dal portico della casa illuminava i movimenti della ragazza, movimenti che a volte ricordavano passi di danza, in altri uno scatenato ballo rock. Ed un unico spettatore ad assistervi.

Era lì, impietrito ed estasiato allo stesso tempo, il ragazzo pensò che qualcuno avesse deciso di mettere a nudo i suoi sogni, scaraventandogli nella realtà, proprio davanti i suoi occhi: nuda davanti a lui c'era la ragazza che amava, ormai era abbastanza vicino per distinguerne i capelli bagnati, il viso raggiante, il seno inturgidito, il corpo esile, i fianchi sinuosi, le belle gambe il sedere sodo, i piedi scalzi.

Pensò di essere diventato lo spettatore privilegiato di uno spettacolo unico ed allo stesso tempo di starne violando l'intimità. Forse avrebbe fatto bene a schiodarsi di lì, non aveva abbastanza coraggio per avvicinarsi, ma neanche riusciva ad allontanarsene. La cosa migliore sarebbe stato nascondersi. Soluzione abbastanza vigliacca, ma era la più pratica che gli fosse venuta in mente sia per continuare a godersi lo spettacolo, fintanto che sarebbe durato, sia per evitare scene imbarazzanti. Riprese a correre in direzione di un albero, dietro al quale intendeva nascondersi, sperando che nel frattempo lei non lo avesse notato. Anche se, almeno in fondo al cuore, sapeva che non era così. Se fosse stato scoperto avrebbe avuto l'illusione di poter avere, con lei, almeno un segreto da condividere. Giunto dietro l'albero, la sentì gridare: “Mi ama, mi ama, mi ama, Marco mi ama!” ed intanto continuava le sue piroette, incurante di lui. Freddo, pioggia ed influenza per venire a sapere che la ragazza dei suoi sogni amava un tizio di nome Marco, tanto da dedicargli un bagno nuda nel diluvio. Si sentì raggelare il cuore. Eppure, allo stesso tempo, sapeva che avrebbe volentieri scambiato tutte le sue cose più preziose, la sua bicicletta, il pallone con la firma del suo calciatore preferito, la sua collezione di fumetti, l'orologio con il bracciale d'argento che gli avevano regalato alla comunione, tutto, pur di vedere ciò che aveva visto. La ragazza, come se quel grido dichiarasse la fine dello spettacolo, rientrò in casa. Lui stette ancora qualche minuto sedendosi sotto l'albero, sporco di fango, infreddolito sotto la pioggia incessante. Ma della pioggia non gli importava più molto: se non altro, avrebbe nascosto le lacrime. Pensò che se qualcuno gli avrebbe chiesto quale fosse stato il momento più bello della sua vita avrebbe risposto quello a cui aveva appena assistito. Ed avrebbe dato la stessa risposta, se gli avessero domandato quale fosse stato invece il più brutto. Le donne pensò, hanno questo potere: di saper rendere lo stesso momento, anche inconsapevolmente, il più incantevole e il più terribile. Quindi si rialzò, tentò di darsi una ripulita e riprese la sua corsa, questo volta verso casa. Avrebbe ricordato per sempre quella scena, e l'avrebbe ricordata, per la conclusione a cui era giunto, come la sua prima lezione sull'amore. Datagli da una ragazza che non conobbe, che non rivide mai più e di cui non seppe mai il nome.

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