giovedì 16 ottobre 2008

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Stanotte uscite e incontrate un vampiro

Tanto lo so, come andrebbe a finire, se incontrassi una vampira. Succederebbe in un pub, o in un luogo simile. Io me ne sto tranquillo a bere, dopo aver accennato qualche timida protesta con il barista che mi ha rifilato un cocktail per un altro. Solo che quello, con sguardo truce e fisico da culturista, mi chiede, tutto incazzato: “Hai detto qualcosa?”“No, no, solo che è ottimo” replico io.D’improvviso arriva questa. E’ elegante, bella, occhi seducenti, sguardo irresistibile e tutti quelli che ci sono si voltano a guardarla.
Almeno credo.

Perché io, da quando è entrata, ho lo sguardo fisso sulle sue tette, anche perché sfoggia un décolleté da capogiro e quindi non mi accorgo di nient’altro. Eppure quelle tette si fanno sempre più vicine.

Penso che si stia dirigendo verso il bar e quindi le faccio spazio. Si siede infatti tra le sedie del bancone, ma vicino a me e mi rivolge persino la parola, ma io ci metto un po’ a rendermene conto. Mi fa domande che non comprendo e rispondo a monosillabi. E quei monosillabi sarebbero pure sbagliati. Del tipo, lei mi chiede “Di dove sei?” ed io rispondo “Si” oppure “Come ti chiami?” ed io “No”. Roba del genere, insomma. Magari mi dice anche il suo nome, comunque io non capisco nemmeno quello. Quando più tardi saremo usciti e glielo chiederò di nuovo, giustificandomi con il fatto che la musica del locale era troppo alta e non riuscivo a capire bene, scoprirò che si chiamava Anita.


Eppure, qualche segnale che quella ragazza fosse strana l’avevo percepito. Certo, il fatto che avesse abbordato proprio me, mi lasciava supporre che avesse pessimi gusti in fatto di uomini. Il fatto poi che avesse voluto appartarsi in posti più bui, perché dove eravamo c’era troppa luce, mi aveva lasciato supporre che forse i problemi non erano di gusti ma di vista. Di sfuggita avevo anche notato i due canini un po’ troppo aguzzi, ma ero troppo concentrato sulle sue tette per farmene un problema. E quando, nel maldestro tentativo di offrirle da bere, avevo rotto il bicchiere e mi ero ferito la mano con le schegge, lei se l’era avvicinata alle labbra e, con la lingua, l’aveva ripulita dal sangue che colava, mormorando “ottimo” avrei pensato che la ragazza avesse gusti insoliti non solo in fatto di uomini. E chissà, magari le piaceva anche il sesso violento. Quindi, quando mi avrebbe sussurrato in un orecchio “vieni a casa mia perché voglio bere tutto di te” io mi sarei illuso che quello che volesse bere non fosse sangue. O almeno non solo.


Dal momento che la mia auto è una Panda scassata di quindici anni, decidiamo di andarcene con il suo fuoristrada. E, quando vedo che abita parecchio fuori mano, io provo a mettergli le mani sulle cosce e tastarla dappertutto prima ancora di arrivare a destinazione.La prima volta mi dice “Non essere impaziente” con un sorriso. Io continuo. Quindi mi ripete “Smettila!”, questa volta con uno sguardo assassino. Io la smetto e mi riconcentro sulle sue tette. Dovunque stiamo andando, non si vede più un tubo, ma lei sembra non farci caso. Anzi, più buio è, più a suo agio si trova. Finalmente arriviamo a casa sua.

E’ una tenuta con un giardino molto esteso. “E’ questo cos’è?” le chiedo, quando vedo una specie di cuccia enorme con roba dall’aspetto alquanto inquietante.“E’ un ossario” replica lei."Certo deve avere un cane alquanto vivace" penso io. Poi però, saranno i teschi ad insospettirmi, mi accorgo che quelle sono ossa umane."Forse il suo cane è un po’ troppo vivace" mi allarmo io.Percorriamo tutto il giardino ma del suo cane non c’è traccia. Non vorrei che mi aspettasse dentro. Glielo chiedo e lei risponde che non ha mai avuto un cane. La cosa comunque non mi rassicura.

Entriamo e dentro è tetro. La casa è illuminata con piccole candele di cera a basso consumo e non si vede granché. Lei si scusa, ma non ama la luce, ma è talmente abituata all’oscurità che, se la seguo, non avrò problemi. Io comunque inciampo su qualcosa. E, appena i miei occhi si abituano a quelle tenebre, mi accorgo che sono inciampato su una bara. Comincio a spaventarmi e urlare. Anita mi chiede di calmarmi, quelli, sebbene abbiano una forma inconsuete, sono semplici divani. Dice, comodissimi per riposare. Io ho il sospetto che lì ci si riposi un po’ troppo. Mi prega di seguirla in camera.Ed io, sarà per via del buio che mi impedisce di vedere le tette, comincio finalmente ad intuire che qualcosa non quadra. Che probabilmente in quella casa avrei detto addio al mondo dei vivi.


"E sia“ pensò tra me “se devo morire tra le sue braccia sono pronto, basta che mi faccia morire godendo, basta che sia la migliore trombata della mia vita, basta che me le faccia finalmente stringere, quelle dannatissime tette, ed anche tutto il resto. Insomma, basta che me la dia".
Mi conduce in camera, e l’atmosfera sembra migliore. La luce è in penombra, ma ci si vede. C’è un bel letto, e lenzuola di seta rosse. Mi ordina di aspettare lì, ed io, tanto per fare qualcosa mi spoglio. Certo, mi balena anche l’idea di fuggire, ma Anita ha chiuso a chiave la porta, e di buttarmi dal cornicione non ne ho proprio voglia. Tanto vale guadagnare tempo e spogliarmi. Sento dei passi. Spero e al tempo stesso temo che sia lei.

Non è lei. E’ suo fratello, un tipo timido, brutto e sfigato che, sebbene sia un vampiro, non saprebbe convincere nemmeno una prostituta a venire a letto con lui. Ma del resto le prostitute non gli interessano, perché è gay. Così lascia che sua sorella seduca gli uomini e glieli porti in camera. Poi lui li stupra e quindi li finisce succhiandone il sangue.

Si dice che mentre muori la vita ti scorra davanti come un film. Ed io ripenso a tutte le volte che la vita me lo ha messo nel culo ma, convengo, mai, davvero mai, come in punto di morte.


Racconto scritto su un forum ( basta linkare sul titolo per leggerlo) che chiedeva cosa pensassimo sarebbe successo se uscendo di casa fossimo incappati in un vampiro.

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domenica 12 ottobre 2008

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Messaggio in una bottiglia

Sgradevolissima ragazza che un destino cinico e baro ha permesso che incrociasse la mia strada e la mia vita, ti scrivo oggi, un giorno fortunato in cui Dio ha ascoltato le mie preghiere e piantandomi qui, lontano dal mondo ma soprattutto da te…

So che cosa stai pensando mentre leggi questa righe. Che sono il solito che non sa prendere di petto le situazioni e dire le cose in faccia. In effetti devo ammetterlo, non ci sono mai riuscito. Tutte le volte che ci ho provato stavi parlando e non volevi essere interrotta. Potevo aspettare che tu finissi i tuoi argomenti, o che almeno riprendessi fiato, è vero, e lo giuro, ci avrei anche provato, se non mi fossi addormentato prima…

Ma qui, i tuoi strilli alle mie parole non dovrebbero arrivare, dovrai per forza lasciarmi finire la lettera prima di replicare qualsiasi cosa, non potrai metterti a piangere gridandomi che sono un insensibile verme schifoso e squallido, un incapace buono a nulla neanche buono per il sesso, che mi hai sopportato solo per amore e neanche sono stato capace di apprezzarlo.Non potrai fare come le altre volte che tra le lacrime, mi hai scagliato tutti gli oggetti a tua disposizione e solo quando almeno una decina di essi mi hanno preso in piena fronte comincerai a calmarti ed ancora singhiozzando mi dirai:"Guarda cosa MI hai fatto fare! Sei impossibile" ed ovviamente ti riferisci ai cocci per terra, non alle mie ferite…E sconsolata, mentre pulisci mi diresti : "guarda che non possiamo andare avanti così! Tutte le sere a litigare e riordinare. Sei proprio uno stronzo: manco mi aiuti!"Ed io, nel bagno a disinfettarmi pensando "Ma com'è che mi hai obbligato a fare la spesa con te al supermercato perché non avevi la forza per portare le buste eppure sei riuscita a tirarmela tutta addosso insieme alle suppellettili che avevamo in caso, il tutto in meno di trenta secondi…e poi lo stronzo sarei io…tu manco la paghi!"


Ho deciso oggi, per la prima e forse unica volta in cui potrò farlo, cosa penso davvero di te. Dovresti esserne lusingata: qui, una spiaggia incantevole, un cielo limpido, un mare stupendo, una villa come l'hai sempre sognata, io sto pensando a te.

Tu invece, leggendo le mie parole, probabilmente starai pensando alla villa. E va bene, te la descrivo: mq. 160 totali prospiciente il mare , immersa nel verde con vista panoramica, salone mq 51 con caminetto, 3 vani, cucina, 2 bagni, ripostiglio, giardino mq. 400, più 2 porticati di . 31 mq.


Sono entrato e ho notato che sul tavolo qualcuno aveva lasciato una lettera scritta a man, nella quale si potevano leggere queste parole:

" Chiunque tu sia, sappi che anni fa comprai quest'isola per isolarmi dal mondo. La villa è dotata di tutti i comfort, ma niente tv, radio, computer o qualsiasi cosa possa metterti in contatto con il mondo. La cantina è ben fornita. L'ampia vegetazione intorno la villa consente di nutrirsi di frutta. C'è anche un orto, probabilmente rovinato perché non lo coltivavo. C'è anche selvaggina e se non sei vegetariano in casa ci sono fucili e munizioni. Ho immesso nell'isola solo specie non pericolose per l'uomo come lepri, fagiani e simili, quindi qui si vive al sicuro da tutto.Io vi sono vissuto felice negli ultimi anni della mia vita, ma se stai leggendo la presente è perché sono crepato. Perciò l'isola è tua. Te la regalo e tanti auguri. "


Insomma, qui starò bene, perciò non essere preoccupata per me. Non ti dirò come ci sono finito perché non vorrei tu tentassi di raggiungermi.Ma torniamo a noi.Mi manchi sai?Mi manchi quando la sera ti avvicinavi nel letto per chiedermi: "mi fai le coccole?" e dopo un'ora di sbattimento di maroni ad accarezzarti dove non ne sentivo l'esigenza, non appena divento più ardito tu cominci ad inquietarti:"Il solito porco!" gridavi acida e poi, con voce sussurrata e dolce "Stavamo così bene, non rovinare sempre tutto. Continuiamo così"STAVAMO così bene? Tu, forse, stavi cosi bene. Io no. Io stavo ingrifato ed insoddisfatto. Non mi hai lasciato dormire e sai che succedeva sempre il giorno dopo al lavoro? Che vedendo le occhiaie i colleghi dicessero: "Ma bravo! Ci hai dato dentro stanotte". Non sapevano quanto mi sentissi preso per il culo.


Mi mancherai la mattina, quando ripenserò a tutte le volte in cui mi preparasti il caffè. Certo, mi mancherai un po' meno appena ripenserò alle scenate per aver versato gocce di caffè sul lenzuolo. Sento già le tue parole ripiombarmi nella testa:"Il solito deficiente. Le ho cambiate ieri, le lenzuola! Possibile che non stai attento a niente? Non è che posso stare a lavare lenzuola tutti i giorni. Questo non è un albergo ed io non sono una cameriera! Per chi mi hai preso, oh?! Almeno aiutassi. Macché. Il letto lo rifaccio io, le lenzuola le lavo io, i vestiti li lavo io, tu non fai mai niente: niente. Lo vuoi capire: niente! Almeno stai attento, ci vorrà mica tanto!Mi ero svegliata così bene, mi hai messo già di malumore"Ricorderò gli inutili tentativi di armistizio:"Eh, dai che è caduta solo una goccia dalla mia parte! Tanto ci dormo io lì!"E le tue risposte:"ma sentilo. Una goccia, dice…guarda come si è estesa! Il lenzuolo da bianco è diventato marrone, quasi. E poi che c'entra che ci dormi tu? Che dobbiamo fare, il porcile? Comunque ci dormo anch'io. E non voglio dormire nella merda!""E' caffè""Almeno abbia la compiacenza di tacere quando hai torto!"


Eppure avevo imparato a sopportar...ehm, ad amarti. Forse per i tuoi occhi così dolci. Forse per il tuo animo, apparentemente collerico, isterico ed instabile ma in fondo in fondo sempre altruista, gentile e romantico. Peccato che queste qualità fossero talmente in fondo che io non le abbia mai conosciute.

Forse, a farmi innamorare di te, deve essere stato il fatto che sapevi cucinare bene. Certo, non lo facevi mai. Eri sempre stanca, arrabbiata, annoiata tanto che proponevi sempre e soltanto di andare a cenare fuori. Anche perché spesso i piatti erano inutilizzabili: li avevi già rotti tirandomeli addosso.


Deve essere stato questo, quella tua vivacità, la tua esuberanza, la tua energia a colpirmi di te. O forse no: l'unica cosa che mi aveva davvero colpito e a cui difficilmente avrei rinunciato sarebbero state le tue tette. Peccato che tu non me le facessi vedere quasi mai.


Solo quando ti prestavo la macchina c'era qualche speranza. Tornavi quasi sempre con le chiavi in mano, bella, fresca, profumata e con un ampia scollatura. E con il sorriso sulle labbra ti sedevi sulle mie gambe e mi mettevi le braccia al collo. Dopodiché, avvicinando con fare suadente le tue labbra al mio orecchio mi chiedevi se avrei potuto perdonarti “un piccolo graffietto”. Vedevo il tuo seno con la stessa frequenza con cui il carrozziere ed il meccanico vedevano la mia auto.
Così potrai capire, ad un certo punto mi sono scocciato sia di te che di loro.


Volevo andarmene lontano da tutti e fortuna ha voluto che ci sia riuscito. Perciò non aspettarmi, sto bene qui e non ho intenzione di fare ritorno. E per non correre il rischio di commettere l'insano gesto di ripensarci e tornare tra le tue braccia, ho scritto una copia di questa lettera. Da rileggere tutte le volte che avrò nostalgia di te.

Racconto scritto su un vecchio forum dal titolo: SULLA SPIAGGIA TROVATE UNA BOTTIGLIA CONTENENTE UN MESAGGIO! COSA PENSATE CI SAREBBE SCRITTO? Il forum non esiste più. Il mio messaggio, grazie ad una amica, invece si è salvato.




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giovedì 9 ottobre 2008

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Una storia come tante

Forse era un predestinato, e non nacque prematuro per caso: aveva fretta di vedere il mondo. Come tutti i bambini, si entusiasmava per ogni più piccola scoperta.
Con gli anni imparò a parlare, perdendo la voglia di ascoltare. E nella fretta di crescere smarri l' infanzia e la voglia di giocare.

Era intelligente e capì presto come girava il mondo. Altrettanto rapidamente perse la capacità di stupirsene. Diventato adulto, perse i suoi sogni inseguendo la realtà. Si rese conto che era più facile lasciare da parte la rabbia perchè faceva prima a rassegnarsi. Perse quindi il sorriso tra le amarezze della vita.

Ma gli restava ancora la voglia di amare, così inseguì una donna, lasciando da parte gli amici. Tradendola in seguito, ne perse la stima. La sua era una vita tutta di corsa inseguendo una carriera. Si era venduto l'anima per ottenere denaro e successo. Incapace di accontentarsi, non aveva mai goduto delle piccole cose.

Si era anche fatto molti nemici: dapprima perse il sonno nel tentativo di contrastarli, quindi si giocò la capacità di perdonare tra le voglie di vendetta. Ma persino l'ambizione gli venne a noia con l'appagamento. Cosa fosse l'entusiasmo lo aveva già dimenticato da tempo per consegnarsi all'abitudine.

Infine morì, perché invecchiando aveva perso anche la voglia di vivere. Ma morì soddisfatto: nella sua fretta non si era mai accorto di quante cose si fosse perso per strada.

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