venerdì 27 febbraio 2009

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Tra le pagine dei blogger

Sarà che sono curioso. Sarà che mi piace leggere. Sarà che non mi piace la tivù, ma quell'istinto da voyeur che porta la gente a guardare i reality show ce l'ho anch'io, lo sfogo soltanto in maniera diversa, intrufolandomi non invitato nei diari virtuali della gente. Sarà che alcuni scrivono davvero bene. Sarà che nelle pagine on-line si nascondono emozioni vere.


E non è poi così importante per chi o cosa sono state provate, se da una ragazzina disperata per il ragazzo che l'ha lasciato, oppure un uomo che per una scommessa  con gli amici decide di andare a piedi in Turchia, le sensazioni di una donna alle prese con la prima gravidanza, le riflessioni di qualcuno mentre passeggia con il cane o le frustrazioni di una casalinga che non ha mai imparato a fare il bucato. E' gente che vive, che sogna, si arrabbia e si illude. E' gente che dimostra coraggio, volontà, sensibilità, determinazione e acutezza d'ingegno e se anche avesse inventato la maggior parte delle cose che ha scritto, non gli si potrebbe comunque negare la fantasia. Insomma, è gente che vale.


Perciò lo ammetto: passo gran parte del mio tempo o delle mie notti insonni a farmi i fatti degli altri, a curiosare nei loro blog, sentendomi partecipe alle loro emozioni, sorridendo delle loro disavventure o condividendo le loro sofferenze. E forse è normale, solo che io provo le stesse cose persino per i blog abbandonati da tempo. Sarà l'istinto del lettore, di chi non si fa problemi con i romanzi scritti nei secoli scorsi, quindi non vedo perché dovrei farmeli con i post degli anni passati. Tanto più che spesso sono più spontanei e sinceri di quelli attuali.

Ti chiedi che fine abbiano fatto i loro autori. Ed anche i loro lettori. Lettori abituali oppure occasionali, finiti in quelle pagine magari per gli stessi motivi per cui, anni dopo, mi ci sono ritrovato io. E mi affeziono anche a loro, al loro modo di commentare, incoraggiante o discreto, ricco di giudizi sferzanti o battute sagaci. In mondo di cui non fai parte, ma che ti entra dentro, proprio come i protagonisti di un libro ed i loro comprimari. Solo che in un libro, il più delle volte le storie non restano in sospeso. Sai come va a finire.


Se hanno realizzato i loro sogni, superato gli ostacoli di cui avevano timore, se abbiano rinunciato per sempre a provarci o siano rovinosamente caduti nel tentativo.  In un blog no, a volte la gente scompare e basta, ed i motivi che spinge a fare una simile scelta restano ipotetici. Ricordano quelle adolescenti che, a un certo punto, si sentono troppo mature per continuare a scrivere un diario. E, se lo rileggono, lo giudicano infarcito di frasi fatte o ridicole. Forse capita lo stesso agli autori dei diari on-line. Si stufano. Di bloggare, di spiattellare i fatti propri in piazza o della gente che li contesta.


C’è chi semplicemente trasloca, vuole cambiare template o provare piattaforme più agevoli e considerando i progressi che l’informatica fa ogni giorno è anche comprensibile, lo è forse meno rinnegare le esperienze passate, lasciando perdere le proprie tracce anche dai lettori più affezionati,come se cancellando i vecchi blog e ricominciando da zero l’esperienza virtuale ci si possa illudere di resettare anche la propria vita.


Eppure trovo che sia un peccato vederli finire nell’oblio, forse ci vorrebbe un cimitero dei blog dimenticati, come quello dei libri perduti descritto da Carlos Zaflon nel L’ombra del vento.


Anche se siamo ancora nell’epoca d’oro dei blog e del web 2.0 penso che questo periodo sia destinato a finire. Ogni forma di comunicazione ha avuto la sua ascesa ed il suo declino. Come la stampa, nata per ridurre i costi dell’informazione e della circolazione di cultura ed idee e che oggi ha costi altissimi. Come le radio libere. Come le riviste di fumetti che una volta riempivano le edicole e che continuano ad essere ricordati da autori e lettori con nostalgia e rimpianti. Come il teatro o il cinema, che oggi stentano a riempire la platea. Come la tv, sempre in auge ma ormai schiava della pubblicità. Credo perciò che anche Internet, prima o poi, subirà lo stesso destino.


Basta farsi un’oretta di navigazione per accorgersene. I blog e i siti pupullano di banner, annunci adsense ed altre forme pubblicitarie. Una volta i blogger volevano dare voce alle proprie idee, mi pare che oggi preferiscano fare soldi per ogni click. E cosi leggi post che parlano di rasoi bevande, auto, vestiti o dell’importanza di conoscere le lingue straniere e ti viene il dubbio che non siano proprio spontanei, specialmente se da qualche parte nel template, il più delle volte esattamente sopra il post, c’è qualcosa che pubblicizza Gillette, la Coca Cola, la Smart la collezione autunno/inverno di qualche casa di moda o una scuola per interpreti.


Anche se, proprio come fossero dei pubblicitari, anche i blogger si stanno facendo furbi. Niente annunci che diano nell’occhio, meglio trasformare il tutto in un semplice link, mettendolo da qualche parte come una sorta di “informazione utile”. Meno plateale e più redditizio. Una volta si diceva che Internet fosse uno strumento dal potenziale altissimo con costi contenuti ma anche un grande difetto: non rendeva. E forse non ci siamo mai accorti che invece quello era un pregio.

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