venerdì 21 dicembre 2012

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Ci abbiamo creduto

Ci abbiamo creduto. Abbiamo creduto negli uomini che no, non si sono rivelati inadeguati, quanto piuttosto rassegnati, incapaci di superare l'ultima barriera. Abbiamo creduto nelle donne impegnate a contrastare un maschilismo imperante con qualcosa di simmetricamente opposto e altrettanto pericoloso. Sono finiti gli uomini come sono finite le donne. Abbiamo creduto nell'innocenza dei bambini ma ormai i bambini l'innocenza la perdono con il cordone ombelicale. Crescono dotati di tutto, e tutto è troppo per interessarli davvero. Abbiamo creduto negli artisti, ma gli artisti ormai hanno un solo progetto, promuovere l'idea che hanno di sé stessi. Abbiamo creduto nei sognatori, ma i sognatori non sognano più, o sognano poco, le stesse cose per tutta la vita: le ragazze sexy e svestite che trovano sui rotocalchi, per imitarle o desiderarle. Abbiamo creduto nelle idee ma le idee sono state riciclate in qualcosa che somiglia molto a "fare soldi e in fretta" Abbiamo creduto nella speranza ma qualcuno avrà trovato il vaso e la speranza è scappata anche lei. Per inseguire la giustizia, forse, che non abbiamo mai trovato. Ci spiace, ma non ci crediamo più. Non importa se voi ci credete e vi siete fatti una sonora risata oggi al risveglio, solo perché vi siete svegliati, come ieri, ancora in grado di farvi un caffé, scherzare, parlare, baciarvi e sorridere ancora, di una profezia che ritenete fallace. È vero, è 21 / 12 / 2012 e siete vivi. Ma il mondo è finito, e non tornerà mai più.
Gli alieni

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martedì 9 ottobre 2012

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Le storie che ho in testa

Mi piace scrivere. Probabilmente non so farlo granché bene, ma non credo sia così importante, dal momento che non sto ogni 5 minuti a invadere l'email di qualche editore o tempestandolo di telefonate per convincerlo a pubblicarmi. Al massimo scrivo qualcosa sul blog o in qualche sito di self-pubblishing. In genere riporto sui siti e sul blog rigorosamente le stesse cose, al limite con qualche aggiunta, in quanto, essendo piuttosto pigro, non solo scrivo male ma pure poco. Purtroppo la mia fantasia viaggia ad una velocità superiore della mia scrittura, così anche se non li scrivo mi vengono in mente storie, idee e progetti.E allora almeno loro, almeno qualcuna di queste idee, forse è il caso che le fissi su carta, o per meglio dire, nell'etere, nel tentativo di convincermi a lavorarci più seriamente di quanto fatto finora.
 Se qualcuno dovesse passare di qui e non disdegni l'eventualità di leggersi le varie trame che seguiranno. Alcune, come già ribadito, più che vere e proprie trame sono solo abbozzi di un'idea. Comunque sia mi piacerebbe che chiunque voglia perdere qualche minuto del suo tempo nel leggersele immaginasse che sia una sorta di agente o editor alla cui attenzione ho sottoposto i mie progetti. Su quale mi consiglierebbe di puntare o quali trova di minor interesse? Graditissime anche le motivazioni, qualunque esse siano: troppo commerciale, già visto, decisamente brutto, incoerente, ecc.

TRAMA 1
TITOLO: Ancora da definire
PENSATO PER: Un racconto lungo, diciamo superiore alle 60 pagine ATTUALMENTE SCRITTE: 2 cartelle circa. 

XVIII sec. Ragazzino di 13 anni dalla vita sfigata, madre morta, padre ubriacone, trova modo di imbarcarsi in una nave di malviventi. Il suo compito sarà badare al "bestiame" da caricare dopo un primo sbarco in un'isola e da vendere successivamente in America. Ma quel che i tipi chiamano bestiame e che trattano peggio che bestie in realtà sono donne. Donne denutrite, seviziate e stuprate. I malviventi sono tanto crudeli con loro quanto gentili col ragazzino, che trattano quasi come una mascotte e a cui insegnano la vita di mare.
 Ma tra le donne c'è ne una, Lilith, 21 anni, irlandese, capelli rossi che capisce che quel ragazzino può essere la chiave per la loro salvezza. Il ragazzino e' combattuto tra la pietà per quelle donne e la riconoscenza, e forse anche un po' di affetto, per gli uomini. Ma Lilith gli fa letteralmente girare la testa così dopo un lungo travaglio interiore libera le donne. Che, piene di rancore e sostanzialmente più numerose, massacrano tutti gli uomini presenti. Solo che dopo il massacro si scatena un uragano.
 Le donne non sanno gestire la nave nella bufera, che qualcuna interpreta come un segno della vendetta divina. Il ragazzino, la cui situazione è chiaramente sfuggita di mano e ancora vivo per miracolo sapendo che ormai può fare ben poco concentra le sue forze nell'unica cosa che gli interessa davvero: salvare la donna che ama. FINE

TRAMA 2
TITOLO: In attesa di definirlo, l'attuale file in cui lo sto scrivendo si chiama semplicemente JEN
PENSATO PER: Un racconto meno lungo della trama 1, quindi inferiore alle 60 pagine.
ATTUALMENTE SCRITTE: 4 o 5 cartelle


Siamo in un futuro distopico in cui c'e' stata una sorta di "rivoluzione rosa". Insomma, anche qui, le donne hanno ammazzato gli uomini. Partita dai paesi mediorientali dove le donne praticamente non avevano diritto, la rivoluzione si è estesa in tutto l'Occidente grazie a tecniche simili a quelle con cui si e' imposto il nazismo. Di uomini ce ne sono ormai pochissimi, meno degli attuali panda per intenderci, eccezion fatta per una riserva usata per la riproduzione.
 È bandita persino la tecnologia, con la scusa che ha aiutato gli uomini a prevalere nel mondo maschilista di un tempo, inoltre la tecnologia aiuta pochi a fare cose in cui altrimenti servirebbe molta gente. Ovvero, visto il ridotto numero di uomini, rischierebbe di aiutare soprattutto loro a sopravvivere o addirittura a prevalere. Nel mondo ci sono ancora tracce di quella che era stata l'era moderna, come pali elettrici o auto arrugginite ma, pena la galera, non si possono utilizzare in alcun modo, neanche appoggiandovisi. In pratica si vive come ai tempi del medioevo.
 Insomma, oramai le donne controllano il mondo. I pochi uomini rimasti liberi si nascondono.È stato creato un esercito con l'unico scopo di trovarli e annientarli. Solo una piccola minoranza di donne, dette le dissidenti, vorrebbe che le cose cambiassero e provano a proteggere quei ormai ultimi "esemplari rari".Ma gli uomini non si fidano neanche di loro. Le altre donne vorrebbero sterminare anche loro,le dissidenti, considerate delle nemiche.
 Jen, sergente dell'esercito e protagonista della storia, non le capisce proprio, le reputa delle pazze masochiste, si chiede come sia possibile preferire di restare volontariamente tra 2 fuochi, quanto sai che entrambi quei fuochi ti disprezzano. Eppure, finirà col diventare dissidente anche lei. FINE

TRAMA 3.
TITOLO provvisorio: Figlia della strada. Titolo alternativo: Le incoerenze dell'anima.
PENSATO PER: Un romanzo. L'intenzione era di arrivare a 454 pagine, ma ammesso che vedrà mai la luce, dubito che supererò le 300 cartelle.
ATTUALMENTE SCRITTE: all'incirca una prima stesura di 200 pagine, ampiamente da rivedere, più vari appunti qua e là per tenere a mente l'ipotetica scaletta per tenere a mente la trama e capire il modo in cui le voci dei vari personaggi si succedono.

 Si tratta del burrascoso rapporto di una adolescente tredicenne e sua madre che di mestiere fa, orgogliosamente, la prostituta. Storia narrata attraverso vari punti di vista e quindi col continuo avvicendarsi dell'io narrante: lei, la madre, la compagna di classe lesbica che si innamora di lei, la madre della compagna lesbica, il compagno di classe innamorato della compagna lesbica che non sa che quella e' lesbica, un cieco, un giornalista, un uomo in procinto di morire...attualmente, tra le pagine già scritte, sono arrivato a contare 52 voci narranti. Un paio di queste voci le ho pubblicate anche qui, come post a sé. Quasi un intero capitolo invece l'ho pubblicato in un gruppo anobiano. FINE

TRAMA 4.
TITOLO provvisorio: Cuore di zombie.
PENSATO PER: Un racconto lungo, eventualmente una sceneggiatura.
ATTUALMENTO SCRITTO: Una sorta di trattamento, di una quindicina di pagine, non modo ben definito ma nel quale ho incluso una dettagliata sinossi.

Ambientazione: Mondo simile a quello contemporaneo in cui gli zombi non solo esistono, ma sono stati sfruttati per creare un insolito luna park in modo da rilanciare il turismo di una regione piuttosto depressa. Talmente depressa che era già difficile distinguere i vivi dai morti prima dell'arrivo degli zombi, figuriamoci con la loro presenza. Qui ci finisce, senza neanche sapere bene come, il fantasma di una ragazza morta a 21 anni. La quale finirà per incarnarsi nel corpo di quello che fu un timido ragazzino diciassettenne ormai divenuto zombie. E insieme si illuderanno di essere ancora vivi. Metafora dell'amore in salsa horror: lei rappresenta l'anima, lui la carne. Ho iniziato a scriverlo ma sta venendo una cagata. FINE 

TRAMA 5
TITOLO provvisorio: La voce delle onde.
PENSATO PER: un racconto medio-lungo.
ATTUALMENTE SCRITTO: nulla, solo le spiegazioni sottostanti.

Una ragazzina inizia, dall'età di 11 anni, a passare almeno un'ora, ma a volte decisamente di più, a contemplare il mare e sentirne il rumore delle onde. A chi glielo chiede, risponde che il mare le parla. All'inizio la cosa viene presa come un gioco, un capriccio di bambina, almeno finché è piccola ma con gli anni che passano e la ragazza che cresce questa fissa di ascoltare il mare diventa per la gente dapprima eccentrica, poi ambigua, poi strana, quindi sospetta o di mente probabilmente malata. <br /> Eppure questa faccenda, questa esigenza di ascoltare il mare, va avanti per tutta la vita e sarà il motivo per cui la protagonista della storia, mentre cresce, verrà sempre più isolata. Qualcuno penserà anche che, dietro quel gesto, si possa nascondere il ricordo di una persona amata. In ogni caso le dicerie sul conto di quella che è ormai diventata una donna si sprecano. Il racconto va avanti così, descrivendo la vita della donna fin quando morirà e casa sua ritroveranno montagne di fogli scritti a penna: la trascrizione di tutte le parole che il mare le ha detto. FINE

TRAMA 6.
TITOLO provvisorio: Gli occhi di Azzurra.
PENSATO PER: racconto per ragazzi di un centinaio di pagine o poco meno
ATTUALMENTE SCRITTE: 2 cartelle e mezza 

Azzurra e' una bambina di 5 anni a cui finisce della polvere magica negli occhi. Questa polvere le conferisce il potere di trasformare le cose che vede. Ma Azzurra e' una ragazza paurosa e incapace di gestire un simile dono, così tutto ciò che trasforma si tramuta in qualcuno dei suoi incubi. Ad esempio trasforma in serpenti della sorella, in draghi gli uccelli ecc. Finché la bambina non viene a sapere che tanti anni prima un uomo aveva avuto il suo stesso potere: trattasi di Mr Matto, da anni rintanatosi al centro di una foresta magica e pericolosissima da lui stesso creata.
 Nessuno ci entra mai, perché non ha senso rischiare le penne solo per incontrare un vecchio rimbambito. Ma la ragazzina vuol saperne di più sul suo potere e su come controllarlo perciò con un gruppetto di amici si avventura nella foresta E quando riuscirà finalmente a incontrare mister Matto scoprirà che, forse, le cose che ha creato non sono cosi brutte come sembrano. Compresi i serpenti sulla testa della sorella. FINE

TRAMA 7
TITOLO provvisorio: Fieno! - o in alternativa: In un mondo di fieno
PENSATO PER: Racconto breve o medio
ATTUALMENTE SCRITTE: 11 pagine di block notes scritte a mano, da rivedere.

Incipit in media res con due persone, un uomo e una donna che non riesco a uscire da uno sterminato campo di fieno. Il mondo sembra improvvisamente scomparso e al suo posto tutto si è trasformato in un campo di fieno. Lei vive la situazione irreale con un senso assoluto di frustrazione, a lui sembra importare meno del fatto che, nonostante sia l'unica persona se non l'unica altra cosa rimasta sulla faccia della Terra a parte il fieno, non riesca a conquistare lei. FINE

Per oggi mi fermo qui, anche se i vari progetti mai realizzati saranno all'incirca una trentina. Ma gli altri magari li uso nelle prossime occasioni in cui avrò voglia di aggiornare il blog e non saprò cosa postarci. Per ora ho notato che tra le suddette storie ce ne sono troppe in cui in qualche modo si ricorre al paranormale, retaggio forse di un eccesso di letture dei libri di Stephen King e i fumetti di Dylan Dog, anche se io in realtà preferirei scrivere di cose realistiche. Non a caso la storia sulla figlia della prostituta è quella più avanzata.
Eppure, tutti gli amici che hanno letto le varie trame, piuttosto che consigliarmi di finire quella (sarebbe la cosa più sensata no?) mi dicono di concentrarmi sulla trama 4, in quanto la più accattivante. Ma del resto si sa, l'horror ormai va di moda.

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sabato 9 giugno 2012

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Siamo noi


Siamo noi
che dai sogni dei bambini
alle illusioni dei ragazzini
cresciuti dietro a un pallone
tra lezioni un po' noiose
e gli amori in gioventù
ci siam persi troppe cose
che non riavremo più.

Siamo noi
che ora siam cresciuti
in modo dicono normale
però cresciuti male
ci perdiamo tra la gente
e i piccoli problemi
della quotidianità
esami, mutui o debiti
e il traffico in città.

Siamo noi
cresciuti troppo in fretta
un'adolescenza maledetta
e la gioventù bruciata
vaghiamo senza meta
non vogliamo più cercarci
ma solo divertirci.

Siamo noi
sbattuti ai quattro venti
naufraghi nei sentimenti
non perdiamo mai occasione
per sbagliare direzione,
vorremmo essere diversi
ma resteremo questi.

Siamo noi
che non serviamo a niente
ci perdiamo tra la gente
alla ricerca di valori
o di nuovi amori
ma tutto scorre così in fretta
che sembra acqua tra le mani,
non puoi tenerla stretta
e non è facile il domani.

Siamo noi
incapaci di capire
che non siamo eroi
ma uomini banali
per cui è già tanto
riuscire ad essere normali.

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giovedì 3 maggio 2012

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Il futuro, l'editoria e gli e-book

Il mio parere di lettore medio sugli ebook (dove per lettore medio intendo una persona che legge all'anno dai venti ai quaranta titoli tra saggi e narrativa per puro diletto, centinaia di fumetti, una ventina di e-book - comprese le due tesi su e-pub e e-book scritte dalle ragazze presenti su questo gruppo - scaricabili on-line a titolo gratuito soprattutto da giovani scrittori magari acerbi ma di belle speranze, svariati blog e siti tematici, qualche social network e segue una decina di rivista e almeno tre quotidiani, tra quelli sportivi, nazionali e regionali):

a me sembra che l'evoluzione degli e-book stia andando tecnologicamente nella strada giusta ma sia sbagliato il modo di presentare l'offerta. Pur amando leggere, gli unici motivi che mi convincerebbero a comprare un e-reader sarebbero lo studio, la curiosità o la mancanza di spazio. Altre convenienze, allo stato attuale dei fatti, non ne vedo. Non essendo più uno studente, potendo permettermi di rinviare il problema della mancanza di spazio e, dal momento che come tutti sto soffrendo la crisi, non compro più oggetti con l'unico scopo di soddisfare un mio sfizio o una mia curiosità.

Certo, potrei scaricare gli e-book direttamente al Pc, e infatti lo faccio ma solo con i titoli scaricabili gratuitamente, se devo pagarli, e soprattutto se tale costo non supera il 50%, trovo più pratico il cartaceo.

Tra l'altro, mi sembra che le case editrici non abbiano fatto alto che “zavorrare” gli e-book riducendone così i vantaggi che offrivano. E ho il sospetto che non sia stata capacita ma libera scelta. Hanno sempre detto che la distribuzione si mangiava almeno il 50% del prezzo di copertina di un libro normale, ma nelle offerte on-line, nonostante la possibilità di eliminare i problemi e i costi legati alla distribuzione, la differenza di prezzi è piuttosto contenuta, eccezion fatta per i lanci pubblicitari o le offerte promozionali.

Ci sono i DMR, quei dispositivi applicati agli e-book per evitare che vengano duplicati. Che, se si limitassero a quello, non sarebbero un problema. Lo sono quanto limitano l'uso anche all'acquirente, dal momento di fare copia e incolla, stampare o trasferire i propri e-book da un supporto all'altro. Oltre al fatto che rendono il mio e-book non solo “controllabile”, cosa di per sé fastidiosa, ma in qualche caso persino cancellabile da remoto. Tra l'altro, i DMR sono facilmente eliminabili da chi ha minime conoscenze di programmazione, quindi non scoraggiano la pirateria. Di fatto, non servono a niente: sono solo un ulteriore zavorra ad appesantire la convenienza dell'ebook.

Altra zavorra la modalità di pagamento. In una libreria posso tranquillamente pagare in contanti, per gli acquisti on-line dovrò legarmi a carte di credito, post-pay o simili, rischiando magari anche qualcosa nella diffusione dei miei dati.

Poi ci sono le scomodità ai supporti: e-reader che non leggono alcuni formati, altri che hanno bisogno di programmi da scaricare preventivamente per passare da un formato all'altro, altri da cui è possibile effettuare gli acquisti on-line solo dai propri store on-line, limitando la mia potenzialità di acquisto.

Sarò in malafede, ma io non credo che gli effetti di queste “zavorre” non siano state considerate. Fino a prova contraria, nelle case editrici ci lavorano persone intelligenti, perciò se arrivo a fare queste considerazioni io, lettore semplice, figuriamoci se non ci arrivano loro che sono del settore. A questo punto viene facile pensare che lo scopo di queste zavorre applicate agli e-book, più che proteggere i copyright, sia rallentarne la diffusione.
E questo, credo, per proteggere i guadagni derivanti dal cartaceo,visto che il mondo degli e-book è un mondo con regole ancora tutte da scrivere e dagli esiti incerti. Pur sapendo che la rivoluzione tecnologica sarà prima o poi inevitabile, ogni giorno guadagnato dall'editoria tradizionale rispetto a quella digitale sarà un giorno di fatturato certo contro uno con troppe incognite.
Per fare una rapida sintesi le case editrici hanno fondamentalmente un problema: la tutela dei guadagni. E per tutelarli devono prendere in considerazione due aspetti: la tutela del copyright contro la diffusione della pirateria e l'esigenza che il fatturato derivante dall'editoria digitale non sia vada a scapito di quello cartaceo, o quantomeno non sia minore. Però devono anche considerare che l'utente è abituato a usufruire in modo, se non gratuito, a costi notevolmente ridotti e vede mal volentieri qualunque tentativo di aumento, anche là dove la cosa andrebbe a vantaggio della qualità. Quindi chi vuole guadagnare on-line può riuscirci se riesce a risolvere una forse non tanto semplice equazione ovvero: ampia offerta + prezzi contenuti = profitto. Dove per profitto non si intende necessariamente elevati guadagni ma comunque profitto, quantomeno sufficiente a coprire i costi e vivere del proprio lavoro.

Nella mia ignoranza, penso che l'unica strada percorribile per l'editoria sia lo streaming, da proporre in maniera analoga alla tv pay per view, magari legandola a una sim li dove la tv a pagamento è legata invece a una tessera, e lasciando comunque ai propri abbonati la possibilità di comprarsi e scaricare gli e-book preferiti.

Ovviamente l'offerta deve essere personalizzabile, così come lo è per la tv che possono scegliere tra calcio, cinema, prodotti per bambini ecc. Faccio degli esempi: una famiglia di quattro persone, il marito ama l'horror, la donna i chick-lit, hanno un figlio che studia legge e una bambina piccola. Si abbonano per al genere horror, chick-lit, fantasy, per la bambina e tutti i testi di giurisprudenza, pagando tot al mese. Magari la bambina cresce e scopre di preferire altri generi rispetto al fantasy, il ragazzo si laurea (oppure abbandona gli studi) e potrebbe non essere più interessato ai libri della sua facoltà. L'offerta fantasy e giurisprudenza viene eliminata a favore di altro. Se invece il tipo che studiava legge diverrà avvocato potrebbe essere interessato alla “pay per read” dei testi di legge a vita.

Potrei anche decidere che in famiglia non si legge così tanto, i figli non vanno più a scuola e, insomma, voler disdire l'abbonamento. Però alcuni libri letti finché ero abbonato mi son piaciuti e decidere di comprarmeli in modo da averli sempre con me e leggerli dove mi pare come si fa, o meglio come si vorrebbe fare, oggi con gli e-book. E, magari, più tempo sei rimasto abbonato, minore è il prezzo per scaricarsi un libro. O anche, come offerta promozionale, per ogni anno di abbonamento puoi scaricarti 10 libri gratis.

Per funzionare, ovvio che l'offerta dovrebbe essere ampia e economicamente conveniente. Solo così non avrebbe senso scaricarsi e-book dalla pirateria, li dove si potrebbero averli tutti, compresi gli ultimi arrivi, senza intasare lo spazio del mio dispositivo e non sprecando troppo tempo a scaricare. Tra l'altro c'è da considerare che, qualunque prodotto immesso nel web, è in concorrenza con tutti gli altri prodotti, anche di generi completamente differenti. Quindi un abbonamento come quello prospettato è in concorrenza con qualsiasi altra cosa si venda su Internet a pari valore, sia esso software, film gioco multimediale o altro. L'unico modo per sbaragliare la concorrenza non sono degli altri editori ma anche degli altri prodotti è proporre un'offerta ricca.

E questo, credo, per proteggere i guadagni derivanti dal cartaceo,visto che il mondo degli e-book è un mondo con regole ancora tutte da scrivere e dagli esiti incerti. Pur sapendo che la rivoluzione tecnologica sarà prima o poi inevitabile, ogni giorno guadagnato dall'editoria tradizionale rispetto a quella digitale sarà un giorno di fatturato certo contro uno con troppe incognite. Per fare una rapida sintesi le case editrici hanno fondamentalmente un problema: la tutela dei guadagni. E per tutelarli devono prendere in considerazione due aspetti: la tutela del copyright contro la diffusione della pirateria e l'esigenza che il fatturato derivante dall'editoria digitale non sia vada a scapito di quello cartaceo, o quantomeno non sia minore. Però devono anche considerare che l'utente è abituato a usufruire in modo, se non gratuito, a costi notevolmente ridotti e vede mal volentieri qualunque tentativo di aumento, anche là dove la cosa andrebbe a vantaggio della qualità. Quindi chi vuole guadagnare on-line può riuscirci se riesce a risolvere una forse non tanto semplice equazione ovvero: ampia offerta + prezzi contenuti = profitto. Dove per profitto non si intende necessariamente elevati guadagni ma comunque profitto, quantomeno sufficiente a coprire i costi e vivere del proprio lavoro.

Nella mia ignoranza, penso che l'unica strada percorribile per l'editoria sia lo streaming, da proporre in maniera analoga alla tv pay per view, magari legandola a una sim li dove la tv a pagamento è legata invece a una tessera, e lasciando comunque ai propri abbonati la possibilità di comprarsi e scaricare gli e-book preferiti.

Ovviamente l'offerta deve essere personalizzabile, così come lo è per la tv che possono scegliere tra calcio, cinema, prodotti per bambini ecc. Faccio degli esempi: una famiglia di quattro persone, il marito ama l'horror, la donna i chick-lit, hanno un figlio che studia legge e una bambina piccola. Si abbonano per al genere horror, chick-lit, fantasy, per la bambina e tutti i testi di giurisprudenza, pagando tot al mese. Magari la bambina cresce e scopre di preferire altri generi rispetto al fantasy, il ragazzo si laurea (oppure abbandona gli studi) e potrebbe non essere più interessato ai libri della sua facoltà. L'offerta fantasy e giurisprudenza viene eliminata a favore di altro. Se invece il tipo che studiava legge diverrà avvocato potrebbe essere interessato alla “pay per read” dei testi di legge a vita.

Potrei anche decidere che in famiglia non si legge così tanto, i figli non vanno più a scuola e, insomma, voler disdire l'abbonamento. Però alcuni libri letti finché ero abbonato mi son piaciuti e decidere di comprarmeli in modo da averli sempre con me e leggerli dove mi pare come si fa, o meglio come si vorrebbe fare, oggi con gli e-book. E, magari, più tempo sei rimasto abbonato, minore è il prezzo per scaricarsi un libro. O anche, come offerta promozionale, per ogni anno di abbonamento puoi scaricarti 10 libri gratis.

Per funzionare, ovvio che l'offerta dovrebbe essere ampia e economicamente conveniente. Solo così non avrebbe senso scaricarsi e-book dalla pirateria, li dove si potrebbero averli tutti, compresi gli ultimi arrivi, senza intasare lo spazio del mio dispositivo e non sprecando troppo tempo a scaricare. Tra l'altro c'è da considerare che, qualunque prodotto immesso nel web, è in concorrenza con tutti gli altri prodotti, anche di generi completamente differenti. Quindi un abbonamento come quello prospettato è in concorrenza con qualsiasi altra cosa si venda su Internet a pari valore, sia esso software, film gioco multimediale o altro. L'unico modo per sbaragliare la concorrenza non sono degli altri editori ma anche degli altri prodotti è proporre un'offerta ricca.

E senza limitare i propri dispositivi dal curiosare (e comprare) anche dai cataloghi altrui. Come del resto, in una libreria Feltrinelli nessuno mi impedisce di comprare Mondadori, e viceversa. Il fatto che attualmente in Italia la pay per view ti faccia scegliere tra due decoder non è un buon motivo per imitarli.

Gli autori verrebbero pagati, oltre che sulle percentuali dei libri scaricati, a click, o per andare sul sicuro, a tempo. Mettiamo che in un mese lo scrittore Tal dei Tali ha ricevuto 200 click e ogni utente è stato su quel testo dalle 4 alle 5 ore. Verrà pagato in base alle connessioni ottenute e il tempodi transizione di ogni singolo utente. Immagino che, in uno scenario del genere, l'editoria si trasformerà in questo modo: all'offerta “pay per read” dove ci saranno tutti gli autori di punta e le ultime novità più interessanti del mercato editoriale, si affiancheranno sito dove è possibile leggere in streaming in maniera gratuita, dove si eserciteranno gli scrittori più acerbi e dove le case editrici pescheranno nel tentativo di trovare i nuovi talenti.

Uno dei problemi che hanno infatti, gli scrittori emergenti che decidono di proporsi da soli sul web, è, oltre la mancanza di esperienza, conoscenze di editing, marketing e quant'altro, è quello di non riuscire a vendere o comunque vendere in modo significativo anche lì dove i loro e-book messi a disposizione in maniera gratuita sono stati ampiamente scaricati e ricevono consensi.

Ma in un abbonamento “pay per read” essere cliccati per essere letti potrebbe essere più significativo dell'essere pagati per avere il loro e-book, trasformando quella che è una loro attuale frustrazione in un punto di forza. In pratica uno scrittore alle prime armi si propone su una piattaforma dove sia possibile consultare i suoi e-book gratuitamente e, in base alle esigenze della casa editrice e il gradimento degli utenti, possa riuscire a fare il grande passo verso l'editoria retribuita. Qualcosa di simile potrebbe avvenire per i traduttori, che potrebbero mettersi alla prova con classici e libri senza diritti di copyright magari non ancora tradotti nel nostro paese. O libri del nostro paese mai tradotti all'estero. Un sito che propone un'offerta simile è www.meetale.com, un sito che si propone di essere la you-tube degli e-book: tutto è visualizzabile gratis, ma decide l'utente cosa lasciare scaricare e a che costi, anche se al momento non sono presenti traduzioni. Un po' come le squadre di calcio che attingono dai giocatori della primavera quando li ritengono pronti, questi siti forniranno il vivaio delle varie case editrici.

Del resto qualcosa di simile avviene già nel giornalismo dove le redazioni pescano a pieni mani dai blogger più interessanti. Ma il blog è strutturalmente adeguato agli articoli ma non ai racconti lunghi ed è per questo, credo, che i blogger scrittori riescano spesso nel grande salto dal blog al giornalismo, o al limite alla saggistica, e meno spesso alla narrativa. Eccezioni alla regola sono coloro che offrono contenuti ad alto impatto visivo, come illustratori, fumettisti, o i fotografi dove i migliori riescono, già attualmente, a farsi notare dagli addetti ai lavori. Credo comunque che anche loro proporranno offerte in streaming. Del resto, facendo l'esempio dei fumetti, se decido di leggermi tutta la collezione di Tex, e nel caso mi ci vogliano quattro mesi per realizzare il mio intento, leggerli con un abbonamento di quattro mesi sarebbe molto più economico e pratico di rintracciare e comprarmi tutti gli arretrati.

Se mai avverrà tutto quello che ho sopraesposto l'editoria a pagamento perderebbe di senso e dovrebbe, come molti già si augurano, pian piano scomparire o al massimo trasformarsi, come in parte sta già facendo, per offrire servizi editoriali: consulenze, letture, servizi di editing, corsi di scrittura e insomma cose non troppo diverse da quello che attualmente fanno le agenzie letterarie. Penso che cambieranno anche le librerie, che si attrezzeranno anche loro con dispositivi per stampare a richiesta i libri meni diffusi, mentre al loro interno resteranno i cartacei più venduti, scelti dai commessi stessi secondo le esigenze della loro clientela, o al limite secondo i loro gusti, stampati direttamente da loro sul dispositivo per il print on domand, scegliendo sempre loro, per ogni titolo scelto, quante copie mettere sugli scaffali. Inoltre le librerie potrebbero vendere anche semplici bar-code, singolarmente o da aggiungere alle edizioni cartacee con piccolo sovrappezzo in modo tale che chi non voglia legarsi a un abbonamento o mettere i propri dati on-line per geste carte di credito o prepagate, può scaricarsi l'e-book tramite il bar-code. Probabilmente, o almeno mi auguro, ci sarà all' interno della libreria spazio per bar e tavolini in cui leggere in santa pace.

Per quanto riguarda le biblioteche sarebbe logico aspettarsi tavoli con e-reader incorporati e abbonati in streaming a quasi tutto, la dove una famiglia sarebbe invece selettiva secondo le sue esigenze. Il che vorrebbe dire dotare le biblioteche di un e-reader per ogni posto a sedere e avere soldi sufficienti a pagare gli abbonamenti. Cioè che lo stato investa in attività culturali. Allora stato attuale, un'utopia.

Se questo è il futuro che ci attende i vari e-reader che si vendono in giro non diverranno obsoleti tra cinque anni: lo sono già adesso. Poi, per carità, può darsi che le mie considerazioni sono frutto della mia fantasia e lo scenario che si aprirà tra qualche anno sarà di tutt'altro tipo. Nel caso chiedo scusa, così come chiedo scusa se tutto ciò che ho scritto dovesse confuso, privo di senso e ricco di errori anche ortografici, ma non ho voglia di rileggere. Che io, in fondo, non sono un esperto con questi argomenti non c'entro quasi nulla, visto che nella vita ho fatto l'operaio.

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martedì 31 gennaio 2012

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Vani tentativi di imparare a disegnare

Esercizi di disegno realizzati seguendo le istruzioni del libro Disegnare con la parte destra del cervello di Betty Edwards

Questa è una raccolta di esercizi fatti seguendo le istruzioni del libro “Disegnare con la parte destra del cervello” di Betty Edwards. In rapida sintesi l’autrice spiega che il nostro cervello è diviso in due emisferi: quello sinistro controlla la parte logico-razionale, quello destro quella visiva percettiva. Solo che l’emisfero destro lo usiamo meno frequentemente di quanto dovremmo, dal momento che la nostra vita è quasi totalmente condizionata da tutti quegli elementi che fanno riferimento all’emisfero sinistro (scrittura, lettura, logica, matematica, capacità di sintesi, ecc.). Così anche le competenze proprie dell’emisfero destro, finiamo con svolgerle, per abitudine, con quello destro, col risultato di farle male. Uno di queste è appunto il disegno ed è il motivo per cui molte persone continuano a disegnare con uno stile quasi infantile anche in età adulta. Nel libro sono presenti degli esercizi il cui scopo è attivare l’emisfero destro mentre si disegna, col risultato che persone che non sono mai riusciti nemmeno la matita in mano finiscano col migliorare in tale disciplina in maniera persino sorprendente. In teoria, per riuscire in tale impresa, non dovrebbero volerci più di cinque giorni. Ammetto di averci messo molto di più, perché il libro l’ho più volte abbandonato e ripreso. Pur non essendo diventato un artista, mi sembra che, per una persona che disegnava l’omino con un cerchio come testa e cinque segmenti per creare una sorta di corpo stilizzato, qualche miglioramento ci sia stato. Per pietà nei miei confronti, non ho postato tutti i disegni svolti dall’inizio della lettura ma solo quelli meglio riusciti, classificandoli in:
dal vero: la mano, la Panda, la caffettiera, il piede, le due sedie, la porta, la camera e il grammofono;
da quadri di artisti: il faro, la schiena di donna e il cavaliere medievale (Hopper, Zogno e anonimo);
da foto: la ragazza affianco al cavallo e quella affianco, con un lembo di lenzuolo sul seno;
da illustrazioni: la natura morta accanto al grammofono e il rinoceronte
da fumetti: tutti i volti di donne e Topolino.

Ogni 50 disegni posterò una selezione di questo tipo, per vedere se ci saranno miglioramenti. Attualmente, dall’inizio della lettura ad oggi, ne ho fatti 71.

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giovedì 19 gennaio 2012

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Cose che capitano

Notturno, Torre Eiffel
È notte e una leggera brezza soffia sui sogni parigini; su quelli di mia moglie, che dorme con un braccio sotto il cuscino lasciando l'altro penzolare alla sua destra; ha le gambe leggermente divaricate , distesa sul letto matrimoniale di uno squallido hotel, in diagonale, occupando più spazio di quanto il suo esile corpo esiga, mentre la tenue luce della stanza riflette i suoi lunghi capelli castani; Parigi veglia anche su mia figlia, una bambina di tre anni infagottata in quella che, almeno nelle intenzioni, sarebbe una culla in ciliegio finemente lavorata, piazzata a portata di dondolio dal braccio della mamma. Io sono affacciato al balcone a godermi l'ultima sigaretta della giornata, esile brivido di piacere di una giornata pesante, un animo inquieto e una vita in fumo. Ho proposto io a mia moglie di venire qui, con la scusa che ero troppo nervoso per via del lavoro e avevo bisogno di staccare. Sul fatto che fossi nervoso e lo fossi per il lavoro non ho mentito. Ma in realtà tenevo a questa gita per proporre alla mia famiglia un viaggio indimenticabile. Prima di abbandonarla per sempre.

Solo che avendo la testa altrove le mie sono rimaste pure intenzioni. Parigi è una città troppo colorata per chi sente la propria vita volgere al buio; troppo ricca di suggestioni, arte, lusso, vita, di troppe cose che non potrò più permettermi. È una città complessa in cui ogni vicolo, piazza o quartiere nasconde qualche segreto, inadatta ad un animo già fin troppo impegnato a nascondere i propri per sforzarsi di capire quelli altrui. Così ho evitato di farmene coinvolgere: ammirarla sarebbe stato come vedere sfilare via tutto ciò che sto per perdere. Mi mancano ancora pochi tiri per finire la mia sigaretta quando qualcuno apre il balcone della stanza di fianco. È una donna, si avvicina e mi chiede se ho da accendere. Annuisco ed estraggo l'accendino dalla vestaglia.

«Si sta bene qui, eh?» mi chiede, dopo aver fatto un tiro. Annuisco. «La prima volta a Parigi?» continua a domandarmi. «Anche la mia, sa? Dovevo andarci con mio marito l'anno scorso, ma il bastardo ha preferito venirci con una sgualdrinella di 19 anni. Un anno di tribunali per fottergli quanti più soldi possibile. Purtroppo non sono riuscito a ridurlo sul lastrico, ma ne ho ricavato comunque un bel gruzzolo. Così mi sono detta “Al diavolo! Ci vado da sola” ed eccomi qua. E lei?»

Io mia moglie ce l'ho portata a Parigi prima di abbandonarla, penso. Mi chiedo se finirà con l'odiarmi con la stessa veemenza con cui questa donna odia il suo ex. Probabilmente. Meno probabile riesca a ricavarci qualcosa dal nostro divorzio...dal momento che sul lastrico ci sono già. «Allora?» mi rincalza la tipa. Mi distolgo un attimo dai miei pensieri e guardo questa donna negli occhi. Ci trovo uno sguardo vivace, curioso, divertito, di quelli che fingono noncuranza solo per cogliere i particolari a tua insaputa. Ha l'aria di essere una di quelle donne che, quando si fidano, danno tutte sé stesse. E che potrebbero toglierti tutto non appena non si fidino più. Oscillo tra la voglia di raccontarle tutto o togliermela di torno. Propenderei per la seconda ipotesi, se solo sapessi come fare. «Sono qui con la mia famiglia. Mia moglie e mia figlia, di tre anni» Mentre rispondo mi volgo a guardarli, la bambina serena in quella specie di culla che le hanno affibbiato e mia moglie che dorme beata su un lato, con il sedere scoperto e il riscaldamento al massimo. La donna affacciata al balcone segue il mio sguardo e dà un'occhiata all'interno della nostra stanza. «Bella donna»

Mi infastidisce che abbia violato così la nostra privacy e ancor di più che faccia commenti su mia moglie ma non mi riesce di farglielo notare. Del resto posso prendermela solo con me stesso, che ho lasciato spalancata la vetrata , lasciando la vista della mia famiglia e della nostra stanza alla mercé di dirimpettai e curiosi. Rispondo con un “grazie”, come se avessi gradito il complimento. Quand'è che sono diventato così? Da quando pensieri, parole e azioni non corrispondono più? Sento la mia anima divisa in tre: una pensa, l'altra parla, e un'ultima agisce. Mi chiedo a quale delle tre appartenga la mia vera natura e se non mi sia trascinato lo stesso problema anche al lavoro. Chissà, forse è proprio questa l'origine di tutti i miei guai.

«Le va un caffè nella hall?» chiedo all'improvviso alla donna, stupendo più me stesso che lei, la quale, guardandomi con occhi più maliziosi che stupiti, mi domanda «perché no? Mi dia un attimo per prepararmi». «La aspetto all'ingresso» rispondo mentre rientro nella stanza. Vorrei dare un ultimo bacio a mia moglie ma temo si svegli e rinuncio. Piuttosto metto il biglietto che ho scritto nel pomeriggio sotto il cuscino ed esco. Ti lascio perché mi sono innamorato di un'altra. L'albergo è pagato per tutta la settimana. Buona permanenza a Parigi. Secco, crudele, impietoso, stupido. C'è n'è abbastanza per odiarmi, ed è ciò che voglio. Mi auguro anche che non faccia in fretta e furia i bagagli per tentare di raggiungermi e si godi davvero il resto del viaggio. E non solo perché sarei incapace di affrontarla. Ma ho prosciugato le ultime risorse del conto corrente per saldare il conto d'albergo e mi spiacerebbe andasse sprecato. Mia figlia invece non riesco neanche a guardarla, temo che se lo facessi perderei il coraggio di portare fino in fondo il mio piano. Presumo mia moglie leggerà la lettera al mattino, magari dopo essersi fatta la doccia quando, capito che non sarei tornato, cercherà segni della mia assenza. In realtà non c'è nessun altra, i miei unici problemi riguardano l'azienda per cui lavoro. Ne ero stato socio fondatore e ne avevo curato brand, logo, clientela, strategie. Insomma, tutto. Ma una crisi spaventosa ci ha costretto a vendere. In breve: sono stato declassato, da dirigente a poco più che impiegato ed anche lo stipendio ne ha risentito. Dicono che sono stato fortunato, considerando tutti quelli che la nuova dirigenza ha licenziato ma immagino sia solo questioni di giorni. Con me i nuovi titolari sembravano gentili, almeno all'inizio, ma era tutta una finta per estorcermi il know-how aziendale. Ottenuto il quale sono finito nel dimenticatoio. Niente benefit, nessun potere decisionale, stipendio al limite del ridicolo e compiti da mero esecutore, lasciandomi chiaramente intendere che, se non mi sta bene e voglio farmi da parte, di certo loro non si opporranno. Ho tentato di non farlo notare in famiglia, cercando di mantenere lo stesso tenore di vita, finendo con lo spendere tutti i nostri risparmi. Gli ultimi se ne sono andati per questa gita. Volevo almeno congedarmi con un ultimo viaggio tra alberghi a cinque stelle e cene in ristoranti di lusso, mentre non sono riuscito che a procurarmi questa squallida stanza in un hotel di periferia. Per non parlare di tutte le volte che siamo finiti al MacDonald. Fortuna che almeno la bimba ne fosse entusiasta, essendo libera di sfrenarsi con gli altri suoi coetanei.

«Andiamo?» la donna dell'appartamento affianco mi distoglie nuovamente dai miei pensieri. È rimasta, come me, in vestaglia ma ha in mano una borsetta, si è truccata e, non so se fossi io a non averlo notato prima, o non ci fosse proprio, ora dalla scollatura si intravede un reggiseno di pizzo nero. Prendiamo l'ascensore e mentre scendiamo al bar della hall c'è tra noi un imbarazzato silenzio. Temo – temo o ci spero? - che lei blocchi l'ascensore e mi salti addosso. Lei non fa niente di tutto questo. Si limita a guardarsi allo specchio e fare un po' di smorfie giocando col lucidalabbra. Ho nella saccoccia della vestaglia qualche spicciolo per i caffè e le chiavi dell'auto, nel bagagliaio della quale è nascosta la mia valigia, a disposizione per un cambio d'abito prima della fuga definitiva. Perché faccio tutto questo? Perché l'alternativa è dire la verità a mia moglie e la cosa mi fa più paura. Le ho sempre e solo mostrato l'uomo che volevo essere. Ora che mi ritrovo costretto a rivelarmi per quello che sono, non ho la forza di accettare un suo rifiuto. Preferisco fare io la prima mossa. Altrimenti, ci sarebbero due alternative: o resterebbe con me, sopportando l'uomo che l'ha trascinata sul lastrico oppure mi lascerebbe lei, incapace di amare un uomo che non può più darle lo stesso tenore di vita. Quest'ultima è l'ipotesi che meno riuscirei a sopportare: preferisco essere odiato per un motivo fondato che scoprire di aver sposato una moglie incapace di amare il suo uomo finito in miseria. Non metterò alla prova il suo affetto: dopo la batosta aziendale non reggerei un'altra sconfitta. Mi chiedo se non stia facendo altro che uno colossale sciocchezza. Ma la vita di tutti è piena di episodi in cui si è preferito fare sciocchezze piuttosto che affrontare la verità. Non credo qualcuno possa biasimarmi per questo, a parte mia moglie. E, forse, mia figlia.

Nella hall, preso il caffè, restiamo a chiacchierare a lungo. Come molte donne, la signora è piuttosto loquace ed io, sapendo che il congedo da lei significherà il congedo da tutta la mia vita, lascio che la conversazione si allunghi. Racconta di sé con una certa disinvoltura e con la stessa si prende anche una confidenza che non vorrei darle ma a cui non mi oppongo. Rispondo, con una certa ritrosia, alle domande che mi rivolge, comprese quelle che riguardano la mia famiglia e mia moglie in particolare. “L'ama?” ed eccomi caduto in trappola, messo alle strette da una sconosciuta con una domanda tanto semplice quanto insidiosa. Mi chiedo perché le donne lo chiedano sempre e quale sarebbe, in questo caso, la risposta più gradita. Dire sì, rivelandomi un uomo capace d'amare ma legato a un'altra. No, diventando l'uomo di cui non potersi fidare, uno di quelli che basano la propria vita sull'inganno, sentimentalmente libero perché incapace di andare oltre. Rispondo sì e mi chiederà perché sono qui. Rispondo no e si chiederà perché lo sia lei. È un gioco in cui si perde sempre, in cui l'apostrofo cade, e quel “l'ama?” si trasforma in una lama pronta ad essere usata contro di te in qualsiasi momento. “Sì, direi di sì” rispondo pensando alla reazione di questa donna se, domani, dovesse conoscere mia moglie dopo la mia scomparsa e leggere il biglietto. Temo quali consigli potrebbe darle. All'improvviso la luce della stanza, già tenue, si fa più soffusa, dal momento che il sonnacchioso barista ha spento due delle quattro lampade che illuminavano la hall, come a farci presente che si è ormai fatta una certa ora e consigliarci di andare a letto. Non sa il barista, non può sapere, che attraversare quella porta per me vuol dire attraversare un destino. Ho macigni nell'anima, o forse solo sensi di colpa, che mi impediscono di fare quei pochi passi così velocemente e a cuor leggero. Così continuiamo imperterriti nei nostri discorsi, senza che nessuno dei due abbia davvero fretta di andarsene.

Fin quando non mi chiede per quale ditta lavori.

«Noooooo!» grida ridendo. «Proprio quella di cui sono diventata la maggior azionista! Mio marito me ne ha ceduto tutte le quote, pur di togliermi di torno! Quindi lei è un mio dipendente, lo sa?». Improvvisamente la vita torna a sorridere. Parlo con lei del marito, del lavoro, di progetti e di tante altre cose. Tanto da fare l'alba. Siamo entrambi allegri neanche avessimo passato insieme una notte di sbronze e non preso solo un caffè. Quando rientro in camera mia moglie è sveglia. Ha letto il biglietto. È furiosa, grida e mi lancia qualsiasi cosa sia alla sua portata. La bimba piange. Fuori ha preso a diluviare. Eppure la vita può essere splendida anche così, nonostante la propria donna, arrabbiata con te, ti abbia appena fatto un occhio nero centrandoti con una piastra per capelli e stia facendo qualsiasi cosa pur di fare altrettanto con l'altro.

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