giovedì 22 gennaio 2009

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Noi Maschi

Adolescenti viziati, giovani menefreghisti, trentenni con la sindrome di Peter Pan, quarantenni in crisi di identità, cinquantenni insoddisfatti, anziani rincitrulliti…insomma, mai pronti, se non a sbavare dietro sciacquette tutte tette e niente cervello. Buoni a nulla capaci di tutto, tutti uguali, hanno tre sole passioni, i motori, il calcio e la figa, sposano ragazze all’antica ma poi vanno in cerca di amanti, tanto non si vergognano di nulla, nemmeno di tradirti con la migliore amica.

Hanno costruito una società maschilista sulla pelle delle donne e neanche se le meritano, scordano le date importanti ed in casa non aiutano mai, non fanno altro che rovinarti la vita e cacciarsi nei guai.

Stronzi e bastardi o forse anche peggio, non sanno amare, le donne non le capiscono e come potrebbero se del resto neanche le stanno a sentire, con il chiodo fisso in testa ed un cervello ostaggio di quell’affare che hanno tra le gambe, il cazzo sanno usarlo solo per ragionarci, ne parlano sempre ma non se lo lavano mai, del resto non è che ci si possa aspettare di meglio da qualcuno che fatica a centrare un buco grande come la tazza del water.

Sono senza misure , alcuni fanno i cafoni e le gare di rutto, portano con orgoglio la barba incolta per assumere atteggiamenti da macho; altri fanno i fighetti che profumano, si lavano troppo e vestono firmato, convinti che basta vestirsi da damerini e possedere un’auto di lusso per fare colpo, pensano che coi soldi si possa comprare tutto, specialmente le donne;

Insistenti ed irritanti come femminucce piagnucolose oppure completamente insensibili, gelosi ed appiccicosi all’inverosimile diventano improvvisamente assenti: li si vorrebbe accanto ed invece non arrivano mai, solo nel letto vengono sempre troppo presto.

Immaturi, in fuga dalle responsabilità e dalle cose importanti, passano il loro tempo nei bar a litigare per un rigore, a giocare a scopone, a fischiare e dire fesserie per ogni donna che entra, talmente convinti che ogni lasciata è persa da provarci con tutte, tanto per loro le donne sono tutte uguali, tutte troie, a parte le sorelle e la mamma.

La mamma, l’inarrivabile santa con cui qualunque altra donna perde il confronto: nessuna è degna di lei, nessuna è più buona di lei, cucina come lei, pulisce come lei, fa la spesa come lei, sa risparmiare come lei…

Stupidi ed arroganti, su di loro non si può contare,hanno dimenticato cosa sia la galanteria, bisogna pregare per farsi dare una carezza senza che ne approfittino per iniziare a palparti, vigliacchi, violenti, bugiardi, meschini ed ipocriti, scordano le promesse in meno di una settimana mentre si ricordano di farti un regalo solo quando hanno qualcosa da farsi perdonare;

Tutta la vita ad aspettare quello giusto che tanto non arriva mai: sarà giusto per un’ora, un giorno, un mese o qualche anno, ma poi viene fuori la sua vera natura. Se non appartiene alla razza dei bastardi farà comunque parte delle merde e questi sono i peggiori, perché dai bastardi puoi aspettarti di tutto, ma gli altri, le carognate che possono farti colgono di sorpresa e feriscono il doppio.



…e ti becchi le sue accuse per tutto quello che non sei, e la vedrai innamorarsi di tutto quello che non potrai mai essere…

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sabato 17 gennaio 2009

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Ultimi giorni

faces-truck
Storia di una vecchia di 90 anni. La sveglia suona e lei, dopo alcuni attimi in cui era rimasta immersa nel torpore, finalmente si desta. Allunga il braccio per far cessare quel suono, che ormai inizia ad infastidirla. Non ha veri motivi per alzarsi, è ancora un po' stanca, ma non è una a cui piace restarsene tutto il santo giorno infilata nelle coperte, decide quindi di vestirsi.


Data la sua età è lenta nei movimenti ed anche vestirsi è una piccola impresa, ma vive sola, non c'è nessuno che potrebbe aiutarla e del resto lei non vuole l'aiuto di nessuno.Va in bagno, tenta un minimo di toilette dopodiché si prepara un caffè in cucina.Inizia così la sua giornata, uguale alle tante che l'hanno preceduta. Da tempo ormai tutti i giorni si assomigliano e neanche quest'altro farà eccezione.


Prende il carrello per la spesa, chiude a chiave il portone di casa, scende i tre scalini dell'ingresso, sempre lentamente ma senza eccessive difficoltà, almeno per ora, che nel carrello non c'è nulla, ma sarà un'impresa fare quegli stessi tre scalini con il carico della spesa. Mai nessuno che si offrì di aiutarla, quando rincasa, ed a pensarci bene è meglio così, se fosse qualche malintenzionato che ne approfitta per rubargli le sue cose non avrebbe certo la forza per inseguirlo e forse neanche per gridare aiuto, ammesso che servirebbe a qualcosa.


Ha fatto poche centinaia di metri, ma è già stanca. Per fortuna, nel viale in cui abita è pieno di panchine. Certo, bisogna accontentarsi. Molte sono mezze rotte, piene di scritte incomprensibili, cancellate dalle pioggia e dal tempo. E forse è meglio così, alcune erano messaggi d'amore diretti a qualcuno, la maggior parti gridi di dolore e d'odio rivolti al mondo intero. Sta ancora riposando mentre arrivano dei gatti. Le strusciano intorno ai piedi e fanno le fusa, lei gli ripaga con qualche distratta carezza, ma sa che non s'accontenteranno. Sono in cerca di cibo, quello che gli lascia ogni mattina, comprandolo appositamente per loro insieme al resto della spesa. Ma al negozio non ci è ancora arrivata, dovranno attendere. Decide che si è riposata abbastanza, è ora di alzarsi. Rivolge gli occhi al cielo e si accorge che è una bella giornata di sole.


Immagina che in quel quartiere, deve essere l'unica ad averlo notato, gli altri sono troppo presi da altre occupazioni. Si guarda intorno e vede coppie che litigano, autisti indisciplinati e nervosi che urlano improperi versi chiunque, mendicanti che inventano ogni sorta di scusa per scucire qualche spicciolo a passanti che preferiscono prenderli a mali parole, gente che litiga per un parcheggio, ragazzini che picchiano altri ragazzini più piccoli, guadagnandoci un panino, uno zaino, qualche moneta o semplice divertimento, prostitute già al lavoro, sotto le tende dei bar uomini che le osservano, alcuni sono possibili clienti che decidono se sia il caso di contattarle o meno, il più delle volte sono i magnaccia che controllano la situazione, ci sono alcuni ragazzi che con il motorino continuano a fare su e giù lungo il viale, certo non hanno ancora fatto niente, ma il loro modo di fare è sospetto, sembrano scippatori che stanno solo attendendo l'occasione giusta per fare il colpo, sarebbe meglio tenerli d'occhio, del resto in zona ci sono anche i vigili, solo che al momento sembrano più interessati ad inseguire i writers, come si chiamano tra di loro, graffitari, come gli chiamano alcuni, imbrattamuri, come pensano molti e vandali, come li ritengono i più;


non mancano gli ubriachi di primo mattino, o forse erano gli ultimi della notte scorsa a cui non è ancora passata l'ultima sbornia e si trascinano dondolanti per le strade; né drogati alla ricerca di spiccioli e spacciatori, troppo furbi per farsi riconoscere da una vecchia, ma l'anziana donna ne è sicura, ci sono anche loro, in quartieri come questi non mancano mai, del resto basta guardare i marciapiedi pieni non solo di immondizia, non sono neanche le nove del mattino ed i cassonetti sono tutti pieni, ed anche dove non lo sono la gente evidentemente ritiene che la spazzatura da cui ci facciamo circondare ogni giorno siamo meglio metterla in bella mostra piuttosto che relegarla in un più discreto cassonetto.


Le vetrine dei negozi sono scarne, quasi che il loro obiettivo non sia invitare i clienti ad entrare quanto scoraggiare possibili malviventi, lì non c'è molto da rubare, si prega di attendere giorni migliori. Anche le insegne, molte sono rovinate, le luci o non funzionano o funzionano male.


Persino per quel che riguarda i cartelli stradali sono rimasti sono i pali che li sostenevano, chi passa da quelle parti per la prima volta si accorgerà a sue spese da quali pericoli dovrà guardarsi, chi invece conosce quelle zone sa già che li rischia tutti. Arriva finalmente al supermercato, non c'è molta gente, del resto chi abita in queste zone non ha molto da spendere. Sono soprattutto donne, molte straniere e di colore, ma non chiamatelo quartiere multietnico: qui le culture dei vari paesi non si confondono affatto, ognuno si fa gli affari propri, ognuno preferisce tenersi le sue gioie ed i suoi dolori, senza rischiari di farsi coinvolgere da quelli degli altri avvicinandosi troppo.


L'anziana donna fa la sua spesa, scarna come sempre, neanche lei ha molto da spendere però si è ricordata del cibo per i gatti che attendono fuori. Sta scambiando quattro chiacchiere con la cassiera, non ha molte occasioni di parlare con qualcuno così ne approfitta, ma dietro di lei c'è un uomo che sta già sbuffando, la pazienza non è una virtù di questi tempi, la gente ha troppa fretta di bruciare la propria vita, nascondendola dietro a quelli che chiamano impegni, siano essi di lavoro, con la famiglia o altro. Dopo aver pagato il conto la donna torna a sedersi su una panchina dove apre la scatola di crocchette per i gatti che l'hanno seguita e gli altri che, attirati dall'odore, la raggiungeranno di lì a breve.


Nel frattempo arriva un ragazzo, sempre che si possa ancora chiamare ragazzo un uomo di 30 anni o passa, con i capelli lunghi, la barba incolta e la chitarra in spessa. Si siede sul marciapiedi di fronte, posa un bicchiere di metallo per terra, accorda la chitarra ed inizia a cantare. Viene tutti i giorni, non si sa chi sia, da dove venga, dove vada, come passi le sue notti e dove dorma. Probabilmente è un vagabondo, e forse è anche uno sprovveduto, per guadagnare qualcosa con le sue note dovrebbe andare in centro, ai giardini pubblici, davanti le scale della cattedrale dopo la messa, quando la gente è più incline ad elargire una moneta per scaricarsi la coscienza.


Invece viene qui, nel quartiere più degradato della città, ogni giorno, alla stessa ora, lo stesso tratto di marciapiede, a cantare di speranza e libertà, parole che, in certi posti, sono le uniche a darti la forza per andare avanti. Chissà a chi le canta, si chiede la vecchia, se a noi o a sé stesso, e chissà se, all'infuori di lei, qualcun altro lo ascolta. Speranza e libertà vogliono dire futuro, e forse è meglio che nessuno ascolti, pensa la vecchia, là dove ti siedi non c'è futuro, caro ragazzo, ma solo un passato da dimenticare ed un presente insopportabile, il futuro è una chimera per gli illusi. Tra questi pensieri si alza per avvicinarsi al chitarrista e versare una moneta nel bicchiere. 50 centesimi, una miseria, ma bastano per un bel sorriso, quello con il quale il ragazzo la ricambia. Ed è proprio per vedere quel sorriso che ha fatto la sua offerta. E' il momento più bello della sua giornata, il resto la passerà seduta sul divano a guardare squallide soap-opere alla tv.


Rientrando in casa scopre che c'è un messaggio sulla segreteria telefonica. E' di sua figlia, l'unica persona che ancora si preoccupa di lei. Chiama spesso e continua a ripetere le stesse cose: quel quartiere non è adatto ad una vecchia sola come lei, sarebbe più tranquilla se si decidesse a trasferirsi, ne ha già parlato con il marito ed anche lui è d'accordo, avrebbe una stanza tutta per sé e non le farebbero mancare nulla. No grazie, pensa l'anziana donna, troppo disturbo per quel poco di futuro che ancora mi resta, e poi preferisco vivere la disperazione vera ai sentimenti ipocriti del residence in cui alloggia la figlia. Ci è stata, qualche volta e non ne ha ricavato una buona impressione, troppi inquilini interessati alle formalità e all'apparenza e pochi alla sostanza.


Si guarda allo specchio chiedendosi se la vera ipocrita non sia lei. L'unico motivo per cui non vuole allontanarsi dal quartiere è il bel giovanotto con la chitarra, che non avrebbe più modo di rivedere. Quanto sei stupida! pensa tra sé. Alla tua età non è più il caso di innamorarsi, tanto meno di una persona che avrà sessant'anni meno di te, tanto meno di un sorriso. L'amore non ha età le risponde la coscienza. E poi ne ho visto così poco che voglio illudermi di provarne ancora.


Si rimprovera di comportarsi come una ragazzina, la vecchiaia farà tornare bambini ma lei si è fermata all'adolescenza ed infatti come un'adolescente che soffre per amore ha smesso di mangiare da giorni. Non le piace restare a sognare cose che non potrà avere. Del resto è quasi giunta l'ora di lasciare questo mondo, novanta anni sono tanti e possono bastare, se il suo comportamento ne anticiperà la dipartita di qualche giorno il buon Dio non si offenderà.


Continua a guardarsi allo specchio soffermando la sua attenzione sulle rughe ed i segni lasciati dal tempo. Com'era diversa una volta! E' soltanto vecchia e stanca,oramai. Chissà che fine hanno fatto l'allegria della bambina che fu, l'irrequietezza dell'adolescenza, l'ottimismo della giovinezza, il coraggio della donna che era in lei, la forza degli anni passati.


Ripensa ai tanti episodi, alcuni piacevoli, altri meno, che hanno caratterizzato la sua esistenza. Molti si sono persi nella memoria ma altri rimangono vividi nel cuore, i falò con gli amici, il primo amore, le promesse al chiaro di luna con quello che diverrà suo marito, e che non manterrà, abbandonandola per una donna di venti anni più giovane, il giorno del parto, quello del matrimonio di sua figlia, le giornate al mare e le pazzie della gioventù, quando una dichiarazione d'amore poteva bastare a farla impazzire di gioia, tanto da farla uscire di casa per andare in spiaggia nonostante il diluvio, ballando nuda sotto la pioggia per ringraziare il cielo.

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giovedì 1 gennaio 2009

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Nuda sotto la pioggia

Piovevano cani e gatti, come direbbero gli inglesi. L'acquazzone si era prolungato per tutta la mattinata e non accennava a smettere. I notiziari consigliavano di non uscire e non prendere l'auto, per non rischiare di rimanere impantanati nelle strade allagate, come era già capitato agli incauti che, per necessità, lavoro o imprudenza, non avevano ascoltato il consiglio.

Ma il ragazzo non si sarebbe lasciato scoraggiare dal maltempo. Del resto non aveva la patente e non aveva bisogno dell'auto. Sarebbe andato, come sempre, a piedi o, per meglio dire, di corsa. Neanche quel giorno avrebbe saltato il suo quotidiano appuntamento con il jogging. Era andato sotto la neve, sotto la grandine, sotto il sole cocente: cosa vuoi che sia un po' d'acqua?

E pensare che odiava correre. Se qualcuno gli chiedeva perché mai, almeno nei giorni di maltempo, non se ne restasse a casa, lui rispondeva che erano proprio quei giorni che forgiano la tempra di un uomo. “I veri uomini non temono le avversità” rispondeva. Tutte scuse. Aveva programmato quello schifo di percorso che prevedeva scendere la collina, attraversare il ponte, percorrere mezza città fino ad arrivare nelle zone più buie ed isolate per proseguire ancora un paio di chilometri sulla spiaggia e quindi tornare indietro quando, ormai stanchissimo, quella che era stata una comoda discesa si trasformava in una terribile salita, soltanto per una ragione: vederla.

Non li aveva mai contati con precisione, ma supponeva fossero una decina di chilometri. Tanto distava la ragazza che gli piaceva da casa sua. Abitava in una zona sperduta e non ci sarebbe stato nessun motivo per arrivare fin laggiù senza destare sospetti. L'unica scusa più o meno valida che gli era venuta in mente era il jogging. Che odiava, e l' unico motivo per cui, in sei mesi, non aveva mancato un solo appuntamento con il suo supplizio quotidiano, era la possibilità di incrociare i suoi occhi. Cosa che era capitata pochissime volte.

Non sapeva niente di lei, neanche il nome. Sarebbe stato anche capace, nonostante la sua timidezza, di spedirle fiori e lettere d'amore, ma non avrebbe saputo come intestarle: “Alla sconosciuta con gli occhi verdi ed i capelli castani che abita in questa casa”? Meglio aspettare l'occasione di conoscerla di persona. Peccato che quella stramaledetta occasione tardasse ad arrivare. Non usciva spesso, anche se il ragazzo aveva notato che quando lui passava, lei spesso era sotto la finestra a guardarlo. Chissà cosa pensava di lui, se lo ritenesse uno stupido oppure se aveva intuito che faceva quel quotidiano sacrificio soltanto per lei. Quattro o cinque volte, con il bel tempo, l'aveva vista sulla spiaggia, sdraiata a prendere il sole, seduta a leggere, oppure a farsi il bagno in mare. Sarebbero state quelle le occasioni migliori, per fermarsi ed attaccare bottone. Cosa aveva fatto lui, invece? era andato dritto, senza neanche accennare un saluto. Anzi, a volte, aveva addirittura affrettato il passo. Brutta cosa la timidezza. Mesi ad aspettare l'occasione propizia e quando arriva, tirare dritto come niente fosse! O arrossendo. Ed una volta a casa a maledirsi, giurando a sé stesso che non avrebbe ripetuto lo stesso errore. Ed invece no, lo aveva ripetuto spesso, tanto è vero che erano passati sei mesi.

Sei mesi in cui lei era diventata padrona dei suoi sogni e dove, la differenza tra una giornata positiva ed una storta, la faceva incrociare il suo sguardo, fosse anche per pochi secondi, con lei al caldo dentro casa affacciata alla finestra e lui al freddo sotto il diluvio.

Percorreva il consueto percorso, la visibilità era scarsa, in certi quartieri era andata via la luce. Aveva notato come le auto che gli passavano accanto, lo notassero solo all'ultimo minuto, prima con il clacson, cercavano di avvertire della loro presenza ma poi invariabilmente le ruote sollevando l'acqua e il fango presente sulla strada, finivano invariabilmente per schizzarglielo addosso. Non che facesse grande differenza: era già bagnato fradicio.

Infastidito dalla pioggia che gli sbatteva contro il viso, affannato e stanco, aveva anche cominciato a tossire. Si era già pentito della decisione di correre anche quel giorno. Tanto, non c'erano grandi speranza di riuscire a vederla; in più, rischiava di ammalarsi. Cioè, di essere costretto a stare a casa anche se il tempo fosse stato bello. Era fatta, ormai. Inutile recriminare, tanto più che era quasi arrivato nei pressi della casa. Le luci erano accese, ed anche se era ancora piuttosto lontano, notò un'ombra sulla spiaggia. Il cuore del ragazzo cominciò a battere più velocemente. Sperava che fosse lei, anche se no ne era sicuro, era ancora troppo distante. Né riusciva a capire bene cosa stesse facendo. Stava affrettando il passo, ed oramai era abbastanza vicino per distinguere capelli lunghi e le forme di un seno femminile. Ma ancora non aveva capito bene cosa stesse facendo: sembrava un'invasata che si muoveva su, giù, destra, sinistra, piroettava e saltellava confusamente. Quando arrivò abbastanza vicino, la riconobbe. Si arrestò di colpo. Ormai distingueva chiaramente che la ragazza stava semplicemente ballando, ma non fu questo ad avergli fatto sussultare il cuore all'impazzata. Già questo avrebbe potuto bastare per ripagarlo della fatica fatta, la pioggia sopportata e la polmonite che probabilmente si era preso, ma c'era di più.

Lei era nuda. Era un pomeriggio inoltrato di un inverno lontano, pioveva a dirotto, la temperatura intorno ai due gradi, era buio. Solo una fioco luce proveniente dal portico della casa illuminava i movimenti della ragazza, movimenti che a volte ricordavano passi di danza, in altri uno scatenato ballo rock. Ed un unico spettatore ad assistervi.

Era lì, impietrito ed estasiato allo stesso tempo, il ragazzo pensò che qualcuno avesse deciso di mettere a nudo i suoi sogni, scaraventandogli nella realtà, proprio davanti i suoi occhi: nuda davanti a lui c'era la ragazza che amava, ormai era abbastanza vicino per distinguerne i capelli bagnati, il viso raggiante, il seno inturgidito, il corpo esile, i fianchi sinuosi, le belle gambe il sedere sodo, i piedi scalzi.

Pensò di essere diventato lo spettatore privilegiato di uno spettacolo unico ed allo stesso tempo di starne violando l'intimità. Forse avrebbe fatto bene a schiodarsi di lì, non aveva abbastanza coraggio per avvicinarsi, ma neanche riusciva ad allontanarsene. La cosa migliore sarebbe stato nascondersi. Soluzione abbastanza vigliacca, ma era la più pratica che gli fosse venuta in mente sia per continuare a godersi lo spettacolo, fintanto che sarebbe durato, sia per evitare scene imbarazzanti. Riprese a correre in direzione di un albero, dietro al quale intendeva nascondersi, sperando che nel frattempo lei non lo avesse notato. Anche se, almeno in fondo al cuore, sapeva che non era così. Se fosse stato scoperto avrebbe avuto l'illusione di poter avere, con lei, almeno un segreto da condividere. Giunto dietro l'albero, la sentì gridare: “Mi ama, mi ama, mi ama, Marco mi ama!” ed intanto continuava le sue piroette, incurante di lui. Freddo, pioggia ed influenza per venire a sapere che la ragazza dei suoi sogni amava un tizio di nome Marco, tanto da dedicargli un bagno nuda nel diluvio. Si sentì raggelare il cuore. Eppure, allo stesso tempo, sapeva che avrebbe volentieri scambiato tutte le sue cose più preziose, la sua bicicletta, il pallone con la firma del suo calciatore preferito, la sua collezione di fumetti, l'orologio con il bracciale d'argento che gli avevano regalato alla comunione, tutto, pur di vedere ciò che aveva visto. La ragazza, come se quel grido dichiarasse la fine dello spettacolo, rientrò in casa. Lui stette ancora qualche minuto sedendosi sotto l'albero, sporco di fango, infreddolito sotto la pioggia incessante. Ma della pioggia non gli importava più molto: se non altro, avrebbe nascosto le lacrime. Pensò che se qualcuno gli avrebbe chiesto quale fosse stato il momento più bello della sua vita avrebbe risposto quello a cui aveva appena assistito. Ed avrebbe dato la stessa risposta, se gli avessero domandato quale fosse stato invece il più brutto. Le donne pensò, hanno questo potere: di saper rendere lo stesso momento, anche inconsapevolmente, il più incantevole e il più terribile. Quindi si rialzò, tentò di darsi una ripulita e riprese la sua corsa, questo volta verso casa. Avrebbe ricordato per sempre quella scena, e l'avrebbe ricordata, per la conclusione a cui era giunto, come la sua prima lezione sull'amore. Datagli da una ragazza che non conobbe, che non rivide mai più e di cui non seppe mai il nome.

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