lunedì 12 luglio 2010

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La ragazza

ragazza con la valigia vista di spalle
La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.

Piero Calamandrei, Discorso agli studenti milanesi, 1955

Fu un parto difficile, sopratutto perché in molti vi si opposero. Se non fosse stato per la volontà dei genitori, che si batterono strenuamente per lei, forse non sarebbe mai venuta al mondo. Eppure nacque, e i più l'accolsero con gioia, altri con riluttanza, alcuni con sospetto. Crescendo divenne una bambina vivace e benvoluta da tutti. La gente si rese conto di non poter più fare a meno di lei. Quale grave perdita sarebbe stata se i suoi genitori si fossero lasciati convincere ad abortire! pensavano tutti, ormai abituati a vederla scorrazzare allegra e spensierata per la città.Era così gentile, aveva sempre un pensiero e un sorriso per tutti, tanto da diventare persino famosa.

Talmente famosa che arrivavano, a volte, anche da molto lontano pur di poterla guardare negli occhi, almeno una volta nella vita. Che certe fortune non ce l'avevano tutti. Chi poteva, restava, in modo da poterla incontrare ogni giorno. Lei diventava sempre più bella, sempre più forte, sempre più dolce.

Passarono gli anni e molti, pur continuando ad apprezzarla, erano così avvezzi alla sua presenza che quasi non ci facevano più caso. Troppo occupati nei loro affari, era già tanto se si ricordavano di salutarla. Lei un po' ci rimase male, anche perché aveva sempre fatto il possibile per ognuno di loro, però cerco di capirli: in fondo ognuno ha i suoi problemi.


Sebbene non avesse nessuna particolare aspirazione e si trovasse a suo agio soprattutto trai ceti medi, la corteggiavano soprattutto i potenti, i politici, gli uomini d'affari. La invocavano sempre a gran voce e le facevano di quei madrigali, che un po' la facevano ridere, e un po' la lusingavano. Alla fine, se ne sentì conquistata.

Ma c'era qualcosa di anomalo nei loro modi, qualcosa che la faceva sentire soprattutto un oggetto, con cui accompagnarsi davanti la folla, da mostrare agli altri e poi nascondere quando non serviva più. Anzi, succedeva sempre più spesso che volessero nasconderla, quasi fosse proprietà esclusiva. Quelli mettevano bocca su tutto, pure sulle persone che frequentava, che mica stava bene, che lei frequentasse tutti.

E se qualcuno chiedeva sue notizie rispondevano: “Sta bene, ci pensiamo noi”. Provò a protestare, ma fu inutile. Tutte le loro azioni venivano giustificate con la frase: “Ma se l'ho fatto per te!”. A lei sembrava una scusa bella e buona, un pretesto per nascondere dietro motivazioni apparentemente nobili le peggiori magagne, ogni giorni sempre un po' più grosse...e pretendevano pure di essere ringraziati. Provò a chiedere aiuto alla gente ma la gente sembrò non capire, o forse preferì non sapere. Magari era colpa della crisi. Alcuni avevano figli, altri problemi economici, insomma non avevano mica tanto tempo da dedicarle.

Qualcuno le rinfacciò persino di essere un'ingrata, considerando come uomini di quel rango si prodigassero in mille attenzioni e le volessero bene. E non c'era verso di spiegare che no, non le volevano affatto bene, fingevano. E non era lei a essere ingrata, ma loro, la gente con cui era cresciuta, prodighi di complimenti a parole ma incapaci di gesti concreti quando ce n'era bisogno.

O forse avevano solo paura. Si era lasciata sedurre dai potenti, ed era da considerarsi roba loro, ormai. E nessuno aveva voglia di mettersi contro certa gente. Ma fu quanto quanto le chiesero di prostituirsi che capì di aver passato il segno. Tante belle parole per essere trattata alla stregua di una puttana! Disgustata dalla situazione e nauseata da tutti, decise di andarsene. Che senso aveva restare, se non c'era nessuno intenzionato a muovere un dito in suo aiuto? Così fuggì e da allora, in quel paese, nessuno la vide più.

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sabato 3 luglio 2010

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Nel limbo

E’ sabato. Come in un qualsiasi altro sabato di inizio estate tutto scorre uguale. Caldo infernale. Pochi turisti. Città da tempo trasformata in un eterno cantiere dalla speculazione edilizia. Traffico. Gente allegra perché oggi non lavora. Gente che lavora, ma comunque allegra perché è sabato. Ragazzi o famiglie intere che vanno al mare. Centri commerciali affollati. Tutto come al solito. Ad essere insolito sono io. Oddio, non che sia cominciata oggi, mi ci sento già da un po’.
Ho trenta anni. Beh, non proprio, ma quasi.

La mia vita è sempre stata un caos, e da questo ne ho sempre tratto motivo d’orgoglio.
La mia casa, una vergogna per qualsiasi essere umano. Piatti scrostati dove le formiche girano allegramente anche d’inverno. Lenzuola mai cambiate. Mutande in giro. Calzini a terra. Water più simile ad una fogna che ad un cesso., per non parlare dell’odore. Pila della biancheria sporca, una montagna maleodorante. Vestiti puliti e stirati, tre o quattro in tutto. Polvere dappertutto. Due gatti che vivono con me, abituati a tutto questo. Fino a oggi.
Oggi casa mia è insolitamente pulita. Butto ancora i calzini a terra la sera, ma li raccolgo la mattina presto per metterli nel cesto della biancheria. Niente mutande sporche in giro, eppure non era raro persino trovarle sulla tovaglia del tavolo da pranzo. I mobili, lucidi. I vetri di casa, splendidi. Il pavimento ha anche la cera. La cucina è in condizioni perfette. Il bagno profuma.

Non ho assunto una colf. Poco per volta, stranamente ed inconsciamente, sono diventato più ordinato. Stamattina mi sono svegliato con l’intenzione di rimettere la casa a nuovo, ma lo era già. Mancava giusto un po’ di spesa. Ho fatto anche quella.
Qualcuno potrebbe anche illudersi che io stia maturando, magari pensando qualcosa del tipo “finalmente…ha trenta anni…era pure ora!”, ma so che non è così.
E’ vero, ho trenta anni, non sono più un ragazzino, ed in qualche modo la vita mi impone scelte responsabili. Ma so che la maturità non c’entra. Non l’ho ancora raggiunta, e non so se accadrà mai.

Mi sento piuttosto in una specie di limbo. Lontano dagli atteggiamenti dei ventenni, dal loro modo di pensare, di condurre la vita, di fregarsene di tutto, ma anche lontano da, come si usa dire “mettere la testa a posto”, lontano dalle scelte impegnative, lontano dal sapere cosa voglio fare di questa mia esistenza, lontano dal voler sistemare tutto ciò che non quadra.

Ho scritto questo pezzo 5 anni fa, all soglie dei 30 anni. Nel frattempo la mia vita ha subito qualche cambiamento. Non ho più le due gatte, e condivido l'appartamento con una donna. Certi eccessi non li raggiungo più, ma solo perché sarebbero una mancanza di rispetto nei suoi confronti. Le gatte non se ne lamentavano, una donna lo farebbe. Ma tutto questo non c'entra. Il problema è che, nonostante siano passati 5 anni, io continuo a sentirmi così, in quella specie di limbo, tra i non più ragazzini e i non ancora maturi. E non riesco a trovare l'uscita.

Una porta aperta sull'infinito

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