giovedì 18 novembre 2010

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Voci


Ho tanti personaggi che mi affollano la mente e che non riesco a dominare. A dire il vero, la maggior parte nemmeno mi è simpatica. La mia testa è intasata da draghi che spaccano tutto, di vampiri crudeli e affamati, di uomini ridicoli e di donne improbabili. Saranno anche il frutto della mia fantasia, ma io non faccio altro che subirli, loro e le loro storie, senza riuscire a impormi, a trattenerli se vorrei che restassero o viceversa. Vanno e vengono, fanno e disfanno a piacer loro, interagiscono, si scannano, ogni tanto mi consultano ma il più delle volte neanche mi danno retta. Semplicemente, i meandri del mio cervello sono diventati il loro parco giochi.

E pensare che io non amo il fantasy, l'horror e nessuno dei generi che, se fossi capace di immortalarli su carta, questi tipi costituirebbero. Non so chi li mandi né cosa vogliano da me. Non credo vogliano esistere, nel qual caso si sarebbero rivolti alla persona sbagliata, visto che io già non sono capace di raccontare la mia di storia, figuriamoci le loro. E poi mi fanno paura. Ma, più di tutti tra i mostri della mia mente, a farmi paura è Marika. Marika è una donna bellissima con i capelli lunghi e rossi che le arrivano fin quasi al fondoschiena, sensuale e senza pudore. Si muove nel mio mondo molto meglio di quando sappia fare io. È sicura e seducente e si porta a letto tutti gli uomini che vuole, preferendo quelli che mi stanno più simpatici.

Con quelli, lo so, ci prova più gusto a trattarli con maggior crudeltà. E poi si lascia guardare mentre fa l'amore, sa che la guardo, anzi, fa di tutto affinché io la guardi, sembra godere di più. Io, più dei draghi e dei vampiri, vorrei che ad andarsene fosse lei, invece nulla. Tra i tanti, nella mia testa c'è anche un serial killer. Ogni tanto fa fuori qualche personaggio di troppo, in modo, dice, da ristabilire un mio equilibrio mentale. Secondo lui dovrei anche ringraziarlo. Gli ho chiesto di far sparire Marika, ma niente, non ha voluto. Al massimo, ne uccide gli amanti.

Un paio li ha uccisi prendendoli a coltellate proprio mentre facevano l'amore con lei. Marika non ha battuto ciglio. Ha scansato i corpi inermi dal suo e si è ripulita del sangue che le era scivolato addosso. Poi si è rivestita, ha baciato il serial killer, mi ha dato un'occhiata, ha accennato un sorriso, ed è uscita di scena. Questa donna mi ossessiona, vorrei sparisse dalla mia mente eppure sento al tempo stesso di subirne il fascino, nonostante mi faccia paura.


Ma a terrorizzarmi più di tutto è la possibilità che Marika sia io.

Una volta credevo di no, non era possibile, al massimo potevo essere stato uno dei suoi mille amanti, uno che magari aveva tentato di suicidarsi per lei, e che fosse la causa per cui mi trovo qui ora. Il problema è che non ricordo niente di me, neanche se sono un uomo o una donna e non ho la minima possibilità di accertarmene guardandomi allo specchio. Marika domina i miei pensieri, e questo mi lasciava supporre fossero quelli di un uomo. Di un uomo che quella donna ha fatto impazzire e spinto al suicidio.

Ma poi ho sentito il dottore chiedere all'infermiera « come sta la paziente? », quindi dovrei essere donna. Finora non ho mai sentito nessuno pronunciare il mio nome, perciò non so se Marika sia la proiezione di quello che davvero sono o è piuttosto l'alter ego di come vorrei essere o essere stata. Sembra che nessuno sappia nulla di me, nessuno mi viene mai a trovare, forse è troppo doloroso, per parenti e amici, ammesso che io ne abbia, vedermi in questo stato e probabilmente si saranno anche convinti che non serva a nulla. Sono in coma, e anche se le macchine rivelano un'attività cerebrale più o meno intensa, il mio corpo non reagisce agli stimoli. Da quel che ho so, anche i miei occhi sono chiusi.

E' come se fossi in un lungo sogno da cui non riesco a svegliarmi. Non ho la cognizione del tempo, ma se non ho capito male è da due anni che sono in queste condizioni. Una volta ho sentito confabulare qualcuno, non saprei bene chi, se non fosse il caso di spegnere i macchinari. Tanto, non viene a trovarmi mai nessuno e per l'ospedale sto diventando un costo eccessivo. Sono finita in un'area piuttosto solitaria dell'ospedale e, per non correre il rischio che qualche malintenzionato possa intrufolarsi furtivamente dentro, le finestre sono quasi sempre chiuse e le tapparelle abbassate. Sembra ci siano già stati problemi del genere in passato, così ora nessuno vuole prendersi la responsabilità di lasciarle aperte. Le aprono giusto quel tanto che basta per le visite o per far cambiare l'aria. Trascorro il mio tempo così, vagando tra le mie fantasie e i miei incubi nel buio più assoluto. Mi chiedo se abbia davvero il diritto di lamentarmene, o se questa non sia una condizione comune a tutti gli esseri umani, cercare tracce tra le proprie follie per capire chi siamo.

Ignoro cosa mi sia successo, so a malapena di essere finita in coma due anni fa e dopo un periodo non so quanto lungo di incoscienza totale la mia mente riesce quantomeno a pensare, pensa cose strane ma pensa, ed è popolata soprattutto dalle mie paure. Il mio corpo invece ha smesso di rispondere al mio controllo così per gli altri è impossibile capire cosa succeda dentro di me.

Se fossi capace, mi creerei un mondo su misura, ambientato nell'epoca vittoriana e con personaggi alla Jane Austen, popolato da affascinanti donzelle, facoltosi gentiluomini e simpatiche canaglie. Ma ogni volta che ci provo arrivano Marika e gli altri a rovinare tutto. Così ho rinunciato. Mi tengo i miei demoni così come sono perché in un mondo in cui tutti mi hanno lasciato sola, la mia immaginazione, nonostante i suoi limiti, è l'unica cosa a ricordarmi che sono ancora viva. Una volta pensavo che quei mostri mi affollassero la testa perché per loro era l'unica possibilità di avere una qualche forma di esistenza. Ormai sono del parere contrario, vengono solo a ricordarmi che sono io ad esistere ancora. Almeno finché non staccheranno la spina.

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martedì 16 novembre 2010

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Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio


"Si è aperto oggi l' 8a edizione del Festival della Letteratura di Pescara, anche se quest'anno è stato battezzato come il "Festival delle letterature dell'Adriatico", connotandolo con un tema preciso. Magari non c'entra nulla, ma io mi sono fatto l'idea che, non avendo tra gli ospiti nomi di richiamo, si sia preferito puntare sul tema. Secondo gli organizzatori, questo sarebbe il terzo, per importanza culturale, dopo quelli di Mantova e Roma. Se fosse vero, trovo strano che questo primo intervento, il cui tema era la storia di Pescara e l'importanza strategica del suo territorio nel corso degli anni, curato da Licio Di Biase, abbia attirato non più di venti persone. Non le ho contate, ma è probabile fossero meno e non di più.


Ma è anche vero, come hanno ammesso coloro che sono intervenuti, che in questa città, più degli altri capoluoghi abruzzesi che hanno mantenuto la propria identità nel corso degli anni, è stata la città stessa,, e con essa i suoi abitanti, a perdere la propria memoria storica con quelli che potremmo definire continui "lifting", trasformazioni attraverso le quali si sono persi, spesso volontariamente, i segni del passato. Le uniche che si sono imposte e che in qualche modo hanno adombrato tutto il resto, sono quelle di Gabriele D'Annunzio.



A tutti gli effetti, infatti, Pescara sembra una città moderna, mentre le sue origini risalgono addirittura a 3000 anni fa, un villaggio chiamato Vicus Aterni e successivamente Aternum.Ed è dal mattino che quel villaggio fu fondato che parte il libro presentato dall'autore, un bel tomo di 624 pagine.


"Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio" questo il motivo che ha spinto l'autore nella sua minuziosa ricerca. E forse è anche quello che spinge me a scrivere questo post, visto che sono 10 anni che abito qui e so ben poco della zona in cui vivo. L'importanza di Pescara era dovuta, come ancora adesso, alla sua posizione strategica. Per i romani, che erano soliti chiamarla Ostia Aterni (foce dell'Aterno) era il primo porto raggiungibile da Roma, ed è quello il motivo per cui crearono la strada di collegamento Claudio Valeria, chiamata oggi Tiburtina.


Considerando che quello pescarese è sempre stato territorio di confine, ha subito contaminazioni e con più culture, compresa quella orientale, e le sue fortune sono sempre state dovute al porto. In tempi sereni, diventava luogo di fiorenti commerci. In tempi di guerra, perdeva il suo appeal a favore delle comunità montanare. Infatti è stato, tra gli altri, continuo luogo di scontro tra longobardi e bizantini. Sembra che la leggenda di San Cetteo, attuale patrono di Pescara, risalga proprio a quei tempi.


Leggenda vuole che sia stato ucciso e gettato in mare dai longobardi, e lui sia stato trovato dall'altra parte dell'Adriatico. Sull'esistenza del personaggio si hanno dei dubbi, considerato che era vescovo ma allora Aternum era senza diocesi, tuttavia a quei tempi vescovo più che capo della diocesi significava "capo della città", quindi non è questo a rendere improbabile la leggenda. Sul resto non mi pronuncio, anche perché non è che ne sappia molto.


Nel 1000 cambia nome e diventa Piscaria, nome dovuto per l'alta pescosità del suo mare. La città si rilancia anche come luogo di incontro, vi si può trovare anche una sinagoga, poi requisita dal vescovo. Nel Medioevo il porto diventa appannaggio dei potenti del luogo, e in quel periodo la città cade di nuovo nell'anonimato, per riprendersi solo grazie ai numerosi investimenti sul porto degli Angioini. Porto utilizzato soprattutto dai chietini per commerciare i propri prodotti. Curioso come oggi la disprezzano, visto che sono stati loro a farne le fortune.


Intorno al 1300 nacque il marchesato di Pescara, occupato nei secoli da francesi, spagnoli, Borboni. E se per tutti era un'importante piazzaforte costiera, è con la stabilizzazione del Regno di Napoli che la città fiorisce. Nella Piazzaforte, l'unica del Regno in un territorio pianeggiante, a controllo del suo porto più a nord, si stabiliscono i militari, e intorno a questi si sviluppa il commercio e l'artigianato locale. In pratica, i primi sintomi di quella che oggi viene definita movida.


Le fortune della zona collinare, invece, sono sempre inversamente proporzionali a quelle della costa: in calo quando la prospera la zona portuale, o viceversa. Si racconta che nel 1500 dall'Albania vennero deportati gli schiavi, facendoli passare per quello che oggi è chiamato Colle Schiavone. Nonostante il fiorente commercio che vi si poteva trovare, Pescara è sempre rimasto poco più di un villaggio. I territori che si sviluppavano erano quelli sui promontori.


E' solo con l'arrivo della ferrovia che cambiano le carte in tavola e nascono gli scali, oltre quello pescarese, di Montesilvano, Silvi, Giulianova, ecc. e il litorale acquista importanza, e con esso Pescara dove già vi si poteva trovare il porto e un facile collegamento con Roma. A non aver mai avuto troppo peso nella storia della città, e non essere stato adeguatamente sfruttato, è invece il fiume, ingiustamente trascurato anche ai tempi in cui, almeno in parte, era navigabile.


Sebbene si sappia che Pescara è nata dall'unione di due Comuni, Castellamare e, appunto, Pescara, separati dal fiume e Piazza Unione è stata chiamata così proprio in ricordo dell'episodio, si può dire che ha città ha ben luoghi identitari, anche se ognuno è un po' vissuto di vita propria, avendo genesi e sviluppo autonomi nel corso dei secoli, e questa è un altra delle cause per cui si è persa la memoria collettiva della città.


Questi luoghi sono: a) la zona collinare, dove arrivavano i teramani; b) la zona pianeggiante, diventata prospera con l'avvento della ferrovia; c) il borgo marino nord, dove arrivavano i pescatori delle Marche; d) la movida, nata dalla Piazzaforte; e) Villa del fuoco, rifugio di quelli che volevano tenersi lontano dai militari; f) Fontanelle, che era un feudo; g) San Silvestro, comune autonomo h) la Pineta, nata negli anni 20. L'urbanizzazione avvenuta nel 1900 ha cancellato quasi completamente le tracce di queste storie. Qualcosa è pur sempre rimasto, come nomi, chiese e anche qualche monumento.


Ad essere scomparsa definitivamente è Castellamare, a partire dal nome, niente in città la ricorda. La Piazzaforte è stata abbattuta nel 1869, in quanto limitava la crescita della città; la stazione, nata nel 1862, più di recente, per dare spazio a una più moderna. Non sono gli unici "monumenti" di cui Pescara si è privata nel corso degli anni, dove spesso i dirigenti locali hanno preferito dare spazio al futuro cancellando il passato. Rimasta, per fortuna, è quella vocazione all'accoglienza e all'integrazione da vero "porto di mare"qual'è sempre stata e, probabilmente, non smetterà mai di essere.

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lunedì 8 novembre 2010

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Il respiro del mondo
come fiato sul collo si accavalla tra i confini del vento.
Sospiro tempi perduti tra giochi infantili,
ricordi di istanti felici, pretesi e mai resi
di cuori deserti, sogni custoditi in cassetti mai aperti
pensieri sprofondati nell’oblio,
delirio di una mente incosciente
d’essere forse finita tra illusioni mai spente.
Crescendo qualcosa si cambia
e scivola via una nuova pazzia;
non credi più a niente o ci credi per sempre
e quello che conta spesso è solo una donna,
chimera di sogni e istanti perversi
idillio di tramonti ormai persi
e se cambia qualcosa è come una rosa:
un flagrante profumo su uno stelo di spine
un sottile confine
ma la vita non cambia se anche si cambia;
un altro giro di mano, uno sguardo lontano,
la pallina che gira impazzita
sul rosso o sul nero è una scelta di vita
l’hai vinta o l’hai persa una nuova scommessa
come fiato sul collo si accavalla tra i confini del tempo
un profondo sospiro
per l’ultimo giro.

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giovedì 4 novembre 2010

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Cercando la strada

sfere

Richiesta di informazioni al primo passante
Scusi, sa la strada per Colle dei Fiori?
Lasci perdere! tanto siamo in inverno. Fiori non ce ne sono.

Richiesta di informazioni al secondo passante
Scusi, sa la strada per Colle dei Fiori?

Eh, eh, eh.
Allora?
Lei è qui per il matrimonio?
No.
Si sposa la figlia del sindaco, lo sa?
Auguri.
A me fa gli auguri? Mica mi sposo io.
Si, ma la strada per Colle dei Fiori?
Parente dello sposo o della sposa?
Perché, le strade cambiano a seconda della parentela?
No, chiedevo se lei era un parente dello sposo o della sposa
Non sono qui per il matrimonio.
E allora cosa va a fare a Colle dei Fiori?
A trovare un amico
Un amico, eh?...parente dello sposo o della sposa?
Lasciamo perdere. Chiederò più avanti.

Terzo passante
Scusi, la strada per Colle dei Fiori?
Dove deve andare?
A Colle dei Fiori.
Si, ma dove? Che cerchi? La piazza, la posta,la banca...?
A trovare un amico. Abita nella piazza di fronte la Chiesa.
Chi sta cercando?
Leonardo Brumetta.
Brunetta, Brumetta, Brumetta...il carpentiere?
E che ne so? tutto ciò che so è che lavora nella fabbrica qui vicino.
Eh, qua tutto il paese lavora in fabbrica. Ci ho lavorato anch'io sa? per cinquant'anni. Mi sono rovinato i polmoni in quella fabbrica.
Mi dispiace. Ma la strada per Colle dei Fiori?
Altro che Colle dei Fiori! Da quando c'è quella maledetta ciminiera non ci cresce più nemmeno la gramigna.
E' terribile. Ma come ci arrivo?
Come arriva dove?
Alla piazza di fronte la Chiesa?
Ah, è qui per il matrimonio!?
Lasci perdere, và.

Quarto passante.
Scusi, vado bene per Colle dei Fiori?
Dove deve andare?
A Colle dei Fiori.
Ho capito, intendo se deve raggiungere un posto in particolare...
Chiesa dei Miracoli.
Eh, guardi che per il matrimonio ha fatto tardi. Perché non fa una cosa? Vede quel casolare laggiù? Torni indietro e vada fin lì.
E perché mai?
E' il ristorante per il pranzo quello. Ormai li invitati saranno quasi tutti lì.
Non sono un invitato, allora.
E perché va al matrimonio, allora?
Non voglio andare al matrimonio. Volevo solo raggiungere la Chiesa.
Per vedere la sposa? Bella, eh? Sa che è la figlia del sindaco?
Si, me l'hanno detto.
Ma lei è un giornalista?
No.
Insomma, è venuto fin qui solo a curiosare?
No, solo a cercare un amico. E' ora, me la dice la strada per la Chiesa?
Basta che raggiunga la piazza.
E come la raggiungo?
Guardi, ha due possibilità...o prende questa strada sterrata, anzi no, che se non la conosce rischia di perdersi, bé non che sia così complicato, vada a destra due tre chilometri, finché non arriva dalle parti di un casolare giallo...è di un mio amico sa?...a quel punto giri a sinistra? O sempre a destra? No, no, a sinistra...sì, a sinistra le dico, prosegua dritto fino al ponte, poi giri a sinistra fino al semaforo, al semaforo dovrebbe proseguire dritto, ma in realtà non può perché è senso unico, quindi lei deve andare prima a destra, prendere la rampa e uscirne subito a quel punto si ritrova dall'altra parte della strada, quindi si infili per la rotonda e torni indietro, segua il cartello che indica la Chiesa ed è arrivato. Chiaro, no?
Ehm, veramente,no.
Faccia una cosa allora, vada sempre dritto. Ma guardi che così allunga, sa?

Al citofono
Che c'è Leonardo?
Chi sei?
Un amico.
E cosa vuoi da Leonardo?
Niente, solo salutarlo.
Ma siete colleghi?
No, solo amici. Insomma, c'è o no?
No, mi spiace. È andato al matrimonio.

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